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Proteggiamo i nostri figli

Mag 18, 2023
Proteggiamo i nostri figli

In diverse occasioni mi sono occupato di Deep Weeb, di Dark Web e di quella parte della rete che in tanti non conoscono.

Il Deep Web è quella parte della rete che non viene indicizzata dai motori di ricerca e che rappresenta, secondo le statistiche, tra l’89 e il 96 per cento del web. Nel Deep Web sono collocati anche diversi siti di istigazione al suicidio e molti forum in cui si discute di suicidio. Si accede a diversi contenuti del Deep Web, avendo l’indirizzo, tramite un normale browser.

Una porzione di web non indicizzato è il Dark Web, considerato un “sottoinsieme” del Deep Web. Diversamente dal Deep Web, si arriva al Dark Web solo attraverso specifici software che permettono agli utenti di navigare in anonimato. Il software più utilizzato per visitare i contenuti del Dark Web è “Tor” e sono tantissime le persone che hanno già effettuato il download di questo software libero.

Il Dark Web che rappresenta il lato oscuro di Internet, costituisce oltre il 90% dell’intera rete internet ed è la patria di hacker e cybersecurity.

Secondo la definizione di Investopedia: “Il Dark Web è un componente del Deep Web, ossia tutte quelle pagine Internet che i motori di ricerca non indicizzano, che descrive la più ampia gamma di contenuti che non appare attraverso le normali attività di navigazione in Internet e necessita di browser specifici come Tor per la navigazione”.

Nel mese di aprile 2021, Matteo Cecconi studente 18enne, iscritto al quarto anno dell’Itis Fermi di Bassano del Grappa, è morto durante una lezione in Dad.

Le indagini hanno evidenziato che Matteo  aveva acquistato nitrito di sodio su un sito internet.

Come Matteo, nel mese di dicembre 2020, è morto un altro ragazzo a Latina che si è avvelenato con un miscuglio di sostanze e anche lui aveva comprato sul web il nitrito di sodio.

Episodi gravissimi che si aggiungono alla notizia che i giornali stanno riportando. Il portale today.it ha raccontato che ad essere venduto in tutto il mondo è il “kit per il suicidio”. A quanto pare una donna della provincia di Trento potrebbe essere stata la prima in Italia ad aver scelto di togliersi la vita acquistando il “kit per il suicidio”. Accanto al corpo della donna è stata ritrovata anche una lettera in cui la donna ha fornito una spiegazione su come si è tolta la vita e un messaggio in cui ha scritto: “Sono troppo malata, troppo dolore, non avevo altra scelta”. Queste parole hanno riaperto il dibattito sull’Eutanasia legale e non sono mancate le polemiche sui diversi fronti politici.

Intanto, la procura di Trento ha iniziato le indagini per istigazione al suicidio. Come scrive TrentoToday, è possibile che la donna di 63 anni, deceduta in provincia di Trento, sia morta dopo aver indossato una maschera facciale a base di nitrito di sodio, contenuta nel “kit per il suicidio”, ordinato in Canada.

La Divisione centrale della polizia criminale italiana è stata avvisata dall’INTERPOL canadese lo scorso 29 aprile, attraverso la segnalazione di nove indirizzi a cui era stato spedito il kit. Tra questi, come segnala l’ANSA, era presente quello della docente trentina.

Si pensa che in Italia ci siano stati almeno altri otto acquirenti e gli indirizzi sono stati già inviati alle autorità competenti. Le persone identificate stanno tutte bene.

Sette decessi per suicidio nel Regno Unito e tre negli Stati Uniti, tra cui un ragazzo diciassettenne, collegati alla vendita online di nitrito di sodio.

Nel frattempo, il venditore del kit è stato arrestato in Canada e si tratta di un uomo di Toronto.  Kenneth Law, 57 anni, finto chef, è accusato di consulenza e aiuto al suicidio.

Ha venduto oltre 1000 “kit per il suicidio” in 40 Paesi, tra cui l’Italia e il dato viene riportato dalla BBC.

Al quotidiano canadese The Globe and Mail, Kenneth Law ha dichiarato: “Sto vendendo un prodotto legale, okay. Non ho alcun controllo su quello che fanno le persone con il kit”. In Canada il reato di istigazione al suicidio è punito con la detenzione fino a 14 anni.

Parlare di “Kit per il suicidio” riapre il dibattito  sul forte senso di abbandono che ha colpito giovani e meno giovani.

In un periodo storico come questo è difficile dare un senso logico a tutto quello a cui stiamo assistendo. Ho affrontato tantissime volte quali sono stati gli effetti della pandemia sui giovani e, attraverso il mio lavoro di ricerca, ho riscontrato il profondo senso di solitudine che ha travolto preadolescenti e adolescenti.

Tante le challenge, le sfide pericolose, che i giovani decidono di provare e non sanno che rischiano la loro vita. In molte occasioni, abbiamo contato il numero delle vittime e questo è davvero inaccettabile.

A risultare assenti sono le famiglie che sono all’oscuro dell’uso o dell’abuso dei figli sulla rete e con la rete.

La pandemia e la guerra hanno trasformato la società e gli adulti devono essere in grado di supportare i giovani. Dobbiamo impegnarci per capire di cosa hanno bisogno i giovani e la vera sfida è affrontare le emergenze educative. Educare ad un uso consapevole del web è fondamentale per proteggere le categorie più fragili dalle derive della comunicazione in rete.

Papa Francesco ai giovani della Gmg ha detto: “Non costruite un muro davanti alla vostra vita. I muri ti chiudono, l’orizzonte ti fa crescere! Guardate sempre l’orizzonte, con gli occhi, ma soprattutto con il cuore! Aprite il cuore!”.

Allora, gli adulti devono sostenere i ragazzi e devono aiutarli a sognare ancora, perché diventino “costruttori in mezzo alle macerie” di questo mondo.

Francesco Pira
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