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Suicidi in diretta streaming: le nuove fragilità dei teenager

Ott 28, 2021


È di qualche mese fa la notizia della morte di Matteo Cecconi, episodio che ha fatto molto discutere e riflettere l’opinione pubblica. Matteo aveva solo 18 anni ed era uno studente al quarto anno dell’Istituto tecnico industriale Fermi di Bassano del Grappa. Il 26 aprile Matteo seguiva le lezioni in DAD (Didattica a distanza).


Nel frattempo, tra una lezione e l’altra, ha deciso di annunciare la sua morte su un sito: “forum di discussione a favore del suicidio”. Gli utenti collegati in diretta non hanno cercato di fermarlo e non hanno allertato le forze dell’ordine. Una vera e propria morte in diretta, dove si sono ritrovati insieme “gli amanti del suicidio”. Una delle regole del forum recita: “non ti incoraggiamo a fare nulla. Sosteniamo il tuo diritto di vivere al massimo o di farla finita se è ciò che desideri sinceramente”. Nessuna frase scritta dagli utenti può essere considerata istigazione al suicidio e questo è davvero disarmante. Sicuramente, in rete ci sono tanti altri forum di questo tipo, ma individuarli non è semplice.
Ormai, da molto tempo continuo a denunciare il senso d’isolamento dei nostri giovani e continuo ad invitare tutti gli attori della società ad intervenire per evitare che si ripresentino casi di cronaca come questo.


Infatti, è passato poco tempo ed un altro dramma si è consumato questa volta in Cina. Una giovane influencer si è suicidata in diretta bevendo pesticidi. La ragazza era nota come “Luoxiaomaomaozi”. Purtroppo, nonostante i soccorsi, è morta poche ore dopo in ospedale. Le sue parole durante la live streaming sono state: “Questo è probabilmente il mio ultimo video perché soffro di depressione da molto tempo”, sostenendo di essere stata ricoverata in ospedale per oltre due mesi. “Questa diretta non è una promozione, non sto vendendo dei prodotti”. Gli effetti della depressione erano già noti, perché aveva postato su un altro social network, Weibo (Twitter cinese), le immagini che ritraevano i suoi polsi con diverse cicatrici.


Suicidi in diretta streaming: i fattori da analizzare


Inutile dirlo, gli screenshot della diretta sono diventati virali e quello che sconvolge sono i commenti di quanti l’hanno incoraggiata scrivendole: “bevilo velocemente”, “dai bevilo subito”. Fortunatamente, una parte del pubblico ha chiesto l’intervento della polizia e si è detto sconcertato per quanto stava accadendo.
Una sua amica ha dichiarato che: “non aveva pensato di uccidersi ma voleva attirare l’attenzione del suo fidanzato”. Quindi, forse un gesto estremo, compiuto per amore e finito in tragedia.
Adesso, il Beijing News ha fatto sapere che i famigliari di “Luoxiaomaomaozi” provvederanno a denunciare gli utenti che hanno invitato la ragazza a bere il pesticida. Si sta, inoltre, discutendo sulle colpe del social media che non ha attuato provvedimenti e non ha nemmeno fermato la live.
È noto che in Cina è raro il suicidio di influencer o di personaggi dello spettacolo, rispetto alla Corea o al Giappone. Un evento che ha lasciato attonito e sconcertati buona parte della popolazione.
I fattori che vanno analizzati sono molteplici. La nostra realtà è sempre più esposta alle cosiddette “piazze virtuali”, rappresentate dai social network.


Sui social bastano pochi click per esprimere il nostro pensiero in un post, in un commento o sul nostro status personale e per farlo possiamo servirci anche delle immagini. In questo caso la giovane influencer era solita comunicare il suo disagio interiore attraverso le foto che mostravano i tagli sui suoi polsi e questo è davvero allarmante.
I nostri contatti, amici su Facebook o followers su Instagram, ci seguono e in base al contenuto che pubblichiamo sanno tutto di noi.
I social sono il luogo per eccellenza dove gli altri attraverso il loro gradimento ci ridefiniscono. Questo ha un forte impatto sulla costruzione delle dinamiche relazionali e sulle vite delle persone, dove l’immagine di sé prende il sopravvento su tutto.

Le relazioni sui social media


Siamo di fronte a relazioni social che sono spesso caratterizzate da un’estremizzazione delle emozioni e la ricerca continua di forti emozioni, come se i contenuti digitali fossero un filtro che ammortizza le emozioni o rendesse le stesse altro da sé. Le challenge sono proprio il simbolo dell’estremizzazione delle emozioni cosi come alcune tipologie di selfie pericolosi che hanno portato alla morte diverse influencer.
Ci sono alcune parole chiave che meglio di altre ci fanno capire qual è la direzione che abbiamo, ormai da molto tempo, intrapreso e che sono: vetrinizzazione, iper-connessione, polarizzazione.
La vetrinizzazione delle nostre vite l’immagine di sé diventa oggetto – altro da sé. Esporsi in vetrina significa portare la propria esistenza alla costruzione di un io iperfluido. Assistiamo al radicarsi di modelli di reti sociali basati su un sistema di relazioni ansiogene non più relazioni tra individui, ma relazione tra individuo e il suo pubblico.
L’ iper-connessione ci mostra come le nostre giornate si muovono in un fluire h24 di interazioni attraverso i nostri strumenti tecnologici. Ma sempre meno costruiamo relazioni nella vita reale.


La polarizzazione mette in evidenza le nostre paure, la nostra tendenza al consumismo e ci muoviamo quasi esclusivamente in funzione del confirmation-bias, scegliamo chi la pensa come noi, ci fidiamo solo di chi conferma le nostre convinzioni pregresse.

Il processo di spettacolarizzazione


Un processo di spettacolarizzazione che ha investito i principali ambiti della società: gli affetti, la sessualità, il corpo, l’attività sportiva, i media, il tempo libero, i luoghi del consumo, gli spazi urbani e persino le pratiche relative alla morte.
Oltretutto, da circa un anno ho iniziato le mie ricerche sul senso di abbandono e isolamento che ha colpito i giovani durante la pandemia. Ho condiviso i dati che Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, ha diffuso e che mostrano come i casi di suicidio e autolesionismo siano aumentati del 30%. Dati confermati anche dal report dell’UNICEF.


Purtroppo, dispiace affermarlo, ancora oggi i genitori sono poco consapevoli dei pericoli e dell’uso che i loro figli fanno delle nuove tecnologie. Bambini e ragazzi sempre connessi e genitori spesso all’oscuro dell’uso o dell’abuso dei figli sulla rete e con la rete. Noi adulti abbiamo il dovere di presidiare e soprattutto di educare i nostri figli ad un uso consapevole del web. Non vietare, ma guidare ed educare ad un corretto uso delle tecnologie.
La società continua a trasformarsi giorno dopo giorno e anche noi dobbiamo essere in grado di interpretare i nuovi codici, i nuovi meccanismi di comunicazione e i nuovi linguaggi dei nostri giovani. Ribadisco che ci vuole un grande impegno per comprendere quali sono le nuove esigenze educative, oltre a combattere le emergenze.


Non possiamo permetterci di aspettare altri casi di cronaca, ma bisogna lavorare insieme per proteggere i nostri giovani e i nostri figli.

Francesco Pira
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