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Sicurezza in moto: a che punto siamo?

Mag 28, 2021
Sicurezza in moto

Con l’inizio della bella stagione, e l’allentamento delle misure restrittive attuate in contrasto della pandemia, il tema della sicurezza in moto torna ad essere molto attuale.
Prendendo come riferimento i dati relativi al 2019 (quelli del 2020 potrebbero infatti risultare molto condizionati dalle norme di contenimento adottate per la lotta al Covid19), possiamo analizzare i dati Istat relativi ai sinistri avvenuti nel nostro Paese.

Nel 2019 sono stati 172.183 gli incidenti stradali con lesioni a persone in Italia, in lieve calo rispetto al 2018 (-0,2%); ma mentre il numero complessivo delle vittime è diminuito rispetto al 2018 del 4,8%, non è stato così fra i motociclisti, tra i quali si è visto un incremento di 698 unità, corrispondenti all’1,6%.

Nonostante l’introduzione nei nuovi modelli di motoveicoli e la costante evoluzione dei sistemi elettronici che intervengono a favore della sicurezza, le vittime degli incidenti in moto non diminuiscono.

Sebbene l’opinione pubblica sia spesso portata a definire come “pericoloso” andare in moto e come “incoscienti” alcuni motociclisti, ciò non porta ad un oggettivo approfondimento dei diversi fattori che contribuiscono a rendere, chi si muove a bordo di motoveicoli, più soggetto ad incidenti stradali e a conseguenze più gravi.
Sicuramente le infrazioni al Codice della Strada sono la causa diretta di molti dei sinistri che avvengono ogni anno sulle nostre strade. Attenzione però a non farne ricadere la responsabilità in modo univoco sul motociclista.

Disattenzioni come l’utilizzo dello smartphone mentre si guida, o la mancata attivazione dell’indicatore di direzione, spesso comportano incidenti che, se accadono tra due autoveicoli possono causare danni solo ai mezzi, ma se coinvolgono motoveicoli le conseguenze sono mediamente più gravi, semplicemente perchè in moto si è più esposti.

Appurato quindi che il rispetto delle norme che regolano la circolazione è la prima arma che abbiamo per evitare incidenti, analizziamo le altre contromisure, che tutte insieme possono fare la differenza.

Come amo ripetere, non è lo strumento, ma come lo utilizziamo, che conta. Quindi perché privarsi della gioia di un bel giro in moto e della sensazione di libertà che ci può regalare?

Nessuna bacchetta magica ma soluzioni possibili

Esistono soluzioni che possiamo mettere in atto affinché quell’incremento dell’1,6% cali drasticamente?
Sicuramente non esiste la bacchetta magica, ma una serie di strategie coordinate e rivolte al raggiungimento di tale obiettivo sì. Alcuni accorgimenti possiamo adottarli in prima persona, altri possiamo attivarli con la nostra partecipazione, altri ancora sono messi in atto dalle amministrazioni competenti.

La Provincia di Trento, ad esempio, già dal mese di luglio del 2020 ha emanato dei provvedimenti mirati ad “innalzare il livello di sicurezza della circolazione, riducendo il numero degli incidenti stradali e le relative conseguenze, con particolare attenzione alle categorie dei motociclisti, dei ciclisti e dei pedoni”.
Essendo io stessa presente in alcuni gruppi sui social di motociclisti ho potuto leggere commenti davvero poco edificanti. Il sentire comune è stato quello di non sentirsi accolti come categoria o di voler essere “spremuti” per rimpinguare le casse dell’ente con le multe. Solo pochi hanno letto i provvedimenti in modo positivo.

Ho contattato quindi Il Presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, che si è reso disponibile ad illustrare le motivazioni che sono alla base degli atti dell’amministrazione.

Alla base dell’adozione dell’atto immagino ci sia stata, da parte dell’amministrazione un’analisi dei dati relativi agli incidenti stradali. Quali sono i dati percentuali relativi agli incidenti stradali avvenuti nel vostro territorio e che vi hanno portato a decidere le restrizioni?

Il nostro è un territorio che attrae e accoglie i motociclisti. Le strade, in particolare quelle di montagna e alcune in modo particolare, durante l’estate sono particolarmente frequentate ed è in quel contesto, straordinario dal punto di vista paesaggistico e ambientale, che si registrano con frequenza numerosi incidenti stradali dovuti alla velocità eccessiva.
Alcuni dati sono davvero significativi. Vorrei portare l’attenzione sugli incidenti rilevati dalle polizie locali a partire dal 2016 e concentrarmi sulle tratte per le quali abbiamo stabilito il limite di velocità di 60 km/h “solo per i motocicli”. Mi riferisco alla SS 42 del Tonale e della Mendola che ha registrato 8 incidenti di cui 5 con motocicli (di cui 7 mortali) e alla SP 31 del Passo Manghen: 5 incidenti di cui 4 con motocicli. Riguardo alle tratte con limite di velocità istituito di di 60 Km/h per “tutti i veicoli” ci riferiamo alla SP 85 Monte Bondone che ha contato ben 34 incidenti di cui 15 con motocicli (uno mortale), alla SS 240 Loppio Val di Ledro – Val D’Ampola con 13 incidenti di cui 12 con motocicli (uno mortale) e alla SP 3 del Monte Baldo dove si sono registrati 3 incidenti.
Per completare questi numeri va considerato che il calcolo TGM (traffico giornaliero medio) deve tener conto che alcune di queste strade sono chiuse durante la stagione invernale, che risulta quindi complessivamente di 400 veicoli. Da qui si desume, se prendiamo a riferimento l’ultimo quinquennio, che la percentuale d’incidentalità è attorno allo 0,008%, ovvero circa 8 incidenti ogni 100 mila veicoli in transito. Va inoltre precisato che questi dati numerici non possono essere che in difetto, non potendo escludere che vi siano stati incidenti con scarse conseguenze, senza intervento delle Forze dell’Ordine.

L’atto adottato ha fatto sorgere molte lamentele da parte dei motociclisti, soprattutto perché determinati limiti di velocità massima sono stati previsti solamente per motoveicoli. In che modo avete gestito questi malumori?

Certo che sono arrivate delle lamentele, com’era naturale e legittimo. Ma devo registrare che si tratta di numeri contenuti. Da parte nostra non vi è stato nessun atteggiamento “punitivo” o pregiudiziale nei confronti degli appassionati che percorrono le nostre strade. Abbiamo voluto piuttosto interpretare i sentimenti e le sensibilità della gran parte dei motociclisti, che correttamente adotta un comportamento di guida prudente e consono alle caratteristiche geometriche della strada. Sono convinto che la stragrande maggioranza di loro di fatto non ha subito, quantomeno in maniera significativa, l’effetto delle restrizioni imposte.

Il Trentino è una zona turistica molto ambita dai mototuristi, italiani ed europei, che trovano nel vostro territorio belle strade, ottima accoglienza e paesaggi naturali bellissimi. Non pensate che in questo modo il turismo ne possa risentire? Oppure l’intento è stato, in parte, anche quello di “selezionare” i turisti che volete frequentino le vostre zone?

Poiché l’obiettivo delle misure è tutelare tutti gli utenti della strada, riteniamo che a fronte di qualche critica, l’iniziativa venga complessivamente apprezzata. Del resto limiti di velocità sui passi dolomitici sono già stati introdotti in passato, proprio per assicurare a tutti – motociclisti, automobilisti, pedoni, ciclisti, e non da ultimo mezzi di trasporto collettivo, pubblici e privati – di poter transitare in condizioni di sicurezza.
Inoltre non bisogna nemmeno dimenticare la sicurezza della popolazione residente che vive in prossimità delle strade interessate dai flussi di transito turistico.
Non vi è alcun intento vessatorio o discriminatorio nei confronti del turista motociclista. Direi che la nostra è innanzitutto un’attenzione alla sua sicurezza.

Quali sono stati gli ostacoli, e quali le contrarietà che vi sono state espresse? In che modo siete riusciti a mediare tra i vari portatori di interessi?

Le richieste di limitare la velocità di transito dei veicoli è venuta principalmente dalle amministrazioni locali che rappresentano la popolazione residente. E’ una richiesta che va esclusivamente nella direzione di innalzare il livello di sicurezza della popolazione e di coloro che guidano e frequentano le nostre strade. Non vedo, in questo caso, una contrapposizione tra le ragioni degli uni e degli altri. Salvo, ripeto, qualche lamentela di alcuni motociclisti non registriamo contrarietà e opposizione ai provvedimenti.

Ho letto che le regole adottate nel luglio del 2020 sono state estese, presumo quindi che abbiate rilevato un calo degli incidenti. Potrebbe quantificare questo calo?

Rispetto a luglio 2020, le limitazioni di velocità, per tutte le categorie di veicoli, sono state estese, con efficacia dalla metà del mese di agosto 2020, anche lungo le strade che portano nell’altopiano di Folgaria – Lavarone e Luserna.
E’ bene evidenziare che negli ultimi dodici mesi, a causa della pandemia, è stato del tutto atipico in termini quantitativi il numero del flusso di traffico turistico, quindi qualsiasi dato derivato è statisticamente poco rappresentativo.
Nei due tratti stradali, in cui è stato adottato dalla fine del mese di luglio 2020, il limite di velocità differenziato di 60 km/h per la sola categoria dei motocicli, è stato segnalato un solo incidente, lungo la SS 42 del passo Tonale e della Mendola.
A conclusione di questa nostra conversazione, vorrei ribadire la nostra volontà di essere accoglienti e attenti ai bisogni e alle esigenze di chi viene a visitare il Trentino. Questa volontà si concilia e si integra con l’esigenza della sicurezza e con la necessità prevenire gli incidenti stradali.

L’obiettivo della sicurezza stradale deve però essere comune, ridurre il numero degli incidenti e contenere le conseguenze spetta anche, e soprattutto, a noi motociclisti.

Sicurezza: cosa possiamo fare noi motociclisti

Fare manutenzione alla moto. O meglio, farla fare da un professionista. L’improvvisazione non è mai una buona idea e le conseguenze potrebbero essere spiacevoli. Se proprio amiamo prenderci cura del nostro mezzo, cerchiamo di occuparci delle operazioni più semplici.
Controllare costantemente lo stato di usura degli pneumatici e anche l’uniformità del battistrada, senza cercare di sfruttarli fino alla fine. Se percorriamo pochi chilometri l’anno comunque teniamo conto che gli pneumatici vanno cambiati dopo un paio d’anni, la gomma tende a seccarsi anche se non si utilizza e con un netto calo delle prestazioni. Gli pneumatici sono l’unico punto di contatto che abbiamo con il fondo stradale, quindi dobbiamo avere un occhio di riguardo nei loro confronti.

La grande maggioranza degli esiti gravi (morte o danni permanenti) a seguito di incidenti in moto sono causati da traumi alla testa. Quindi indossare il casco protettivo nel modo corretto, allacciandolo con cura, è un gesto che deve diventare automatico al momento di mettersi in sella; non solo per non incorrere nelle sanzioni previste dalla legge, ma per salvarci la vita.
Il casco integrale è sempre da preferire, in quanto offre una protezione maggiore rispetto ai modelli jet, alcuni omologati per i motocicli, ma oggettivamente meno protettivi.
Risparmiare su questo accessorio così importante non è mai una buona idea, vale la pena affidarsi a marchi seri e negozi specializzati. Meglio rimandare l’acquisto di altri optional ma acquistare un casco di qualità.

Oltre al casco ci sono altri accessori per la protezione passiva che, sebbene non siano obbligatori per legge (alcuni lo sono in altri paesi europei), si rivelano fondamentali.

Giacche con protezioni ai gomiti e alle spalle, pantaloni con protezioni sulle ginocchia e ai fianchi, guanti con appositi rinforzi. L’elenco sarebbe lungo.
Su tutti il paraschiena è quello che insieme al casco, protegge dai traumi più importanti. Ne esistono molti modelli con vari prezzi, progettati ergonomicamente in modo da non intralciare i movimenti e realizzati con materiali innovativi. Si indossa sotto la giacca e, a fronte di un piccolo sacrificio a scapito della comodità, aumenta molto la sensazione di protezione e quindi il godimento del viaggio.

L’ultimo ritrovato in tema di protezioni per motociclisti è l’airbag, un “gilet” al cui interno è integrato un sistema di cuscinetti che, in caso di incidente, si gonfiano istantaneamente proteggendo dall’urto schiena, il torace, e alcuni modelli anche il coccige e la cervicale.

Corsi di guida

Una soluzione faticosa ma estremamente divertente, i risultati vi faranno vivere la moto con una consapevolezza tutta nuova del vostro mezzo. Sì, perché a comprare una moto siamo capaci tutti, ma conoscerla è tutt’altro discorso.

La scuola guida insegna le basi per la circolazione in strada, con il vecchio ordinamento poi la patente per la moto era addirittura inclusa in quella per l’auto (come se fosse la stessa cosa); poi non ci si preoccupa più, come se l’esperienza e i chilometri percorsi siano da sé indice di abilità acquisita.

Durante un corso di guida sicura sono molti i dettagli che si approfondiscono, in aula e su strada, tutti indirizzati a fornire una consapevolezza di guida maggiore. La traiettoria più sicura, il miglior uso dei freni, come affrontare gli imprevisti, le diverse modalità di guida in base alle condizioni meteorologiche.

Si studia la teoria e si esce su strada a metterla in pratica, solitamente in contesti paesaggistici davvero notevoli, che trasformano il tutto in una vacanza-studio.

Certo non sono corsi adatti a tutte le tasche, ma nulla di inarrivabile, a volte vengono formulate offerte vantaggiose o il pagamento rateale. L’importante è affidarsi a aziende serie e con esperienza, i feedback che si possono leggere online sono un ottimo strumento di valutazione, ma occorre diffidare da istruttori improvvisati.

Un ottimo strumento per scegliere può essere quello di affidarsi a scuole di motociclismo certificate dalla Federazione Motociclistica Italiana, i cui istruttori hanno seguito la formazione FMI, garanzia di qualità ed efficienza.

Possiamo attivarci come cittadini

Un fattore fondamentale per chi gira in moto, è la manutenzione del fondo stradale. Per un automobilista una buca o un avvallamento della strada può comportare dei danni al veicolo, per un motociclista il prezzo può essere molto alto. Purtroppo le manutenzioni volte a tenere in perfetto stato l’asfalto sono sempre minori, e le tempistiche si allungano sempre di più tra la segnalazione e il ripristino.

Alcuni elementi di protezione poi, ad esempio il guard rail che spesso delimita le strade evitando pericolose uscite di strada, sono efficienti per le automobili, ma sono spesso la causa di lesioni gravissime e decessi per i motociclisti. In caso di incidente infatti, il corpo del pilota potrebbe incastrarsi nello spazio tra protezione e asfalto con traumi spesso mortali. Una criticità risolvibile con l’installazione di guard rail salva motociclisti, degli speciali dispositivi che vanno a tamponare tale spazio, ma la cui installazione suscita ancora alcune perplessità in alcune istituzioni.

Graziella Viviano ha fatto sue queste due battaglie. Sua figlia Aubry, una motociclista di 26, ha perso la vita il 6 maggio del 2018. Elena viaggiava a bordo della sua moto quando, a causa dell’asfalto sconnesso, ha perso il controllo del veicolo ed è finita contro un guardrail.

Questi incidenti non sono rari, e la signora Graziella da allora, con grande forza, si batte per avere giustizia per Elena, e per evitare che queste disgrazie si verifichino ancora.

Con energia e al fianco di innumerevoli associazioni motociclistiche che contano in totale più di 650.000 iscritti, cerca di portare all’attenzione delle amministrazioni e dell’opinione pubblica il tema della sicurezza stradale. Tutto ciò in un clima di collaborazione, attraverso un dialogo costruttivo con amministratori locali, ministri e organizzazioni.

Adottare un comportamento attivo nei confronti di questi temi, segnalare, e battersi per aver cura del bene comune è una pratica che da sempre ottimi profitti. Un esempio a cui ispirarsi quello di Graziella Viviano, assolutamente replicabile da tutti, ognuno nel proprio quotidiano.

Nadia Giammarco
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