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Religione e Tecnologie: il ruolo dei social media

Ago 14, 2023
religione e tecnologie

La pandemia da Covid-19 ha causato molte mirure restrittive, tra cui il distanziamento sociale, anche per i fedeli. Don Alberto Ravagnani, vicario per la Pastorale giovanile della parrocchia di San Michele a Busto Arsizio, ha sdoganato i social network per la fede, riuscendo a continuare ad offrire un servizio attraverso la distribuzione dei contenuti pastorali sulle piattaforme on line.

Al Festival dell Cultura e della Società Digitale, Digital Ergo Sum, racconta l’esperienza che si è rivelata di un successo inaspettato e che lo ha reso il “sacerdote social e influencer”.

Don Alberto Ravagnani, vicario per la Pastorale giovanile della parrocchia di San Michele a Busto Arsizio

 «Credo che il Vangelo salvi la vita delle persone, quindi devo fare di tutto perché possa essere detto nella maniera più bella del mondo».

Don Alberto Ravagnani

In che rapporto sono la religione con il digitale?

«In che rapporto sta la religione con l’uomo, cioè l’uomo oggi è anche digitale quindi la religione è fatta dagli uomini che sono anche digitali. Gli uomini di un tempo, i Santi di un tempo, per spostarsi da una parte all’altra, per andare a Roma dal Papa, dovevano prendere le navi i cavalli, fare viaggi lunghissimi per spedire una lettera dovevano passare mesi e mesi e oggi, invece, è tutto molto più veloce e quindi questo cambia completamente, anche la vita della chiesa, la geografia della santità della chiesa e quindi è un rapporto naturale, quello fra la religione digitale, perché oggi il digitale fa parte della vita dell’uomo» .

Arriva il Covid e cosa accade a Busto Arsizio?

 «Accade che io anziché fare le catechesi in presenza, faccio le catechesi online e realizzo dei brevi video per i ragazzi, con la speranza di potergli raggiungere anche a casa, poi lockdown si protrae per tanto tempo, quindi la mia attività di videomaker inizia ad assumere una consistente parte del mio tempo, delle mie energie perché forse era la cosa più feconda che potessi fare e funziona tanto, quindi i video hanno molto successo, raggiungono tante persone e mi catapulto nel mondo della comunicazione quindi a contatto con i giornali, la televisione, altri influencer e capisco che il mondo dei social è davvero utile per evangelizzare».

Qual è la leva e il valore costruttivo di questa operazione?

«Questo permette di dire cose vecchie in maniera nuova, le cose di sempre, i valori di sempre, il Vangelo di sempre è detto nella maniera che oggi può essere compresa con dei tempi dei linguaggi, di modi, delle dinamiche che sono più comprensibili dai ragazzi di oggi, quindi questo permette l’attività dell’evangelizzazione, cioè l’inculturazione del Vangelo dentro gli usi costumi di oggi».

Qual è il feedback della comunità locale?

«È curioso perché non ci si aspettava tutto questo movimento, questa gente che va, che viene. Il fatto che compaiono troupe televisive in oratorio che arrivino gente dall’altra parte del mondo, che arrivano interviste che mi debba spostare, questo spiazza perché distrugge l’immaginare del prete tradizionale o forse anche l’immagine di un oratorio chiuso, in se stesso, quindi questo spiazza, però dentro questo spiazzamento sono nate tante cose feconde: le persone hanno rimesso in moto il cervello, il cuore, si sono reinventate e quindi la comunità si è modificata, in senso più aperto e in senso più contemporaneo.

Questa esperienza nasce dal basso verso una necessità ma soprattutto anche da zero perché competenze che non si avevano si sono acquisite

«Sì, ho imparato da zero a montare i video e man mano che andavo avanti diventavo sempre più bravo e chiedevo consigli. Ho man mano acquisito anche dalle attrezzatura un po’ più professionale e questo mi ha permesso di raggiungere la qualità migliore. Il bene va fatto bene. Credo che il Vangelo salvi la vita delle persone, quindi devo fare di tutto perché possa essere detto nella maniera più bella del mondo».

Francesca Ferrara

Francesca Ferrara è Newsmaker, Mobile Journalist & Communication Consultant. Uno spirito entusiasta che non perde mai il focus sulle persone.

Per News48 scrive storie dall’Italia e dal mondo che raccontano soluzioni, iniziativa a favore della comunità e esperienze costruttive.

In un tempo di consapevolezza del corretto uso delle piattaforme sociali, da parte di pochi, e di abuso dell’uso delle stesse, da parte di molti, la testimonianza di Don Alberto Ravagnani si colloca all’interno di uno storytelling “Don’t Tell, Show Me”, che ha funzionato, che ha raggiunto la sua platea di giovani ragazzi e le rispettive famiglie, che ha rotto gli schemi perchè funzionale alla educazione della cultura del Vangelo, anche in modalità da remoto, dimostrando l’uso costruttivo dei social media che ha rappresentato una soluzione per la catechesi non in presenza.

I suoi video sono stati pillole di conforto per i giovanissimi, costretti all’isolamento sociale, al motto di “W LA FEDE”.

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