Nel 2018 è il 39.3% della popolazione europea a vivere in città. Tante le necessità: tra queste la sicurezza nei luoghi pubblici, ciò che oggi potrebbe venire a mancare a causa della crisi energetica.
Nell’Unione Europea sono le città a conquistare il titolo di luoghi più abitati. Questo è ciò che rivela il sondaggio del 2018 Urban and rural living in the EU, pubblicato dall’Eurostat, l’ufficio statistico dell’UE. Stando ai numeri, il 39.3% della popolazione risiede in città, contro il 31.6% in cittadine e periferia – percentuali che lasciano in coda il 29.1% dei cittadini che vivono in zone rurali.
Pertanto, in previsione della crescita demografica mondiale con picchi di 11 miliardi attorno al 2100 (fonte: ONU), ci si aspetta che anche la percentuale di residenti nelle città tenda ad incrementare nei cinque continenti e, come conseguenza, nell’Unione Europea.
I motivi che spingono le persone a vivere nei centri urbani e le loro necessità
Dal trasporto pubblico alla nutrita proposta di attività culturali, passando per la migliore qualità dell’istruzione: le ragioni per vivere nelle città sono molteplici ed è naturale pensare che aumentino al migliorare dello standard di vita di chi le abita.
Quanto alle necessità, ad essere al centro dei recenti dibattiti è il tema della sicurezza urbana, ora più che mai chiamata in causa se pensata in relazione all’illuminazione pubblica – argomento non meno discusso quando si è costretti a fare i conti con i rincari energetici.
In Francia hanno spento i lampioni per risparmiare
Rimanendo nel contesto dell’UE, sono la città più densamente popolata dell’Unione (Parigi) e lo Stato francese a spengere tra i primi le luci.
Tuttavia, anche questa volta le proteste non sono mancate all’Esagono, dato che sono state soprattutto Tolosa, Lione e altre città francesi ad aver sacrificato l’illuminazione, a partire da novembre 2022, al contrario della mitica Ville Lumière, dove solo parziali sono stati i tagli all’energia negli spazi pubblici.
Infatti, da Novembre 2022 nei negozi della capitale all’abbassamento delle serrande a fine giornata si aggiunge lo spegnimento delle luci in vetrina; inoltre, da Dicembre 2022 le luci dei mezzi pubblici e delle insegne pubblicitarie saranno spente dalle 23:45 alle 6. Nonostante ciò, a Parigi, diversamente da altri centri urbani d’Oltralpe, restano accesi i lampioni delle Rues e dei Boulevards. La motivazione? La sicurezza dei cittadini.
Quest’ultima è infatti sintomo di preoccupazione da oramai parecchi anni tra i Parigini e – a livello generale – tra i Francesi, che già in un celebre sondaggio IPSOS del 2015 espressero aspettative e perplessità sul tema energetico.
91% è la percentuale di cittadini che consideravano l’illuminazione pubblica una sfida centrale per la sicurezza urbana. Alta anche la percentuale di cittadini (86%) che chiedevano di essere coinvolti a partire dal proprio Comune nel dibattito su energia e sicurezza in città.
Che strada intraprendere nella stagione dei rincari bollette?
Privilegiare i tagli dell’energia e spegnere le luci in Unione Europea e nella Ville Lumière (scelta subito problematica, trattandosi della città che deve la sua etichetta all’illuminazione che l’ha resa moderna in passato); oppure rispondere con decisioni consapevoli, che evitano sprechi energetici e salvaguardano la sicurezza dei residenti?

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Uso consapevole dell’energia elettrica e sicurezza nelle città
Smart Lighting solutions for Smart Cities è il titolo di uno studio di Miguel Castro, Antonio J. Jara e Antonio F. G Skarmeta del Research Institute for Oriented Information and Communications Technologies della facoltà di Computer Science dell’Università di Murcia (Spagna).
Coesistenza tra uso consapevole dell’energia elettrica e sicurezza nei centri urbani: ecco cosa propone l’istituto spagnolo nel lavoro di ricerca del 2013, in cui si afferma che
Se risparmiassimo approssimativamente il 40% dell’energia impiegata per l’illuminazione, si potrebbero dimezzare le emissioni di gas serra dovute alla produzione di elettricità e calore negli Stati Uniti
Pertanto, se nove anni fa la sfida rappresentava una soluzione in primo luogo a livello ecologico, oggi è anche ciò di cui c’è più bisogno per far fronte alla crisi energetica.
Lo Smart Lighting
Tuttavia, non è pensabile limitare l’illuminazione senza proporre alternative che garantiscano sicurezza a chi nelle città ci vive ormai da tempo. A questo punto, Castro, Jara e Skarmeta citano il cosiddetto Smart Lighting. Di che cosa si tratta lo vediamo così.
Raggiungendo risparmi energetici che si aggirano tra il 50 e 70%, l’illuminazione che potremmo appunto definire intelligente (dall’inglese smart) prevede l’uso di lampadine LED, che sono in grado di migliorare notevolmente la visibilità di pedoni e conducenti di veicoli e di ridurre l’inquinamento luminoso, oltre ad avere una durata che si aggira tra le 50.000 e 100.000 ore e alla possibilità di adattare le luci in relazione a necessità meteorologiche e climatiche.
Per implementare la variabile sicurezza, Smart Lighting può essere la giusta soluzione anche se pensata in termini di illuminazione attivata negli spazi pubblici al passaggio delle persone: questo, come si vede dallo studio condotto a Murcia, porterebbe a risparmiare energia senza sacrificare la sicurezza dei cittadini.
È chiaro, allora, che davanti ad una crisi energetica improvvisa, adottare le più giuste disposizioni non è facile. La sola strada da intraprendere in quello che è il binomio illuminazione pubblica – sicurezza urbana è l’alternativa che riesce ad accontentare il maggior numero di stakeholder, i soggetti interessati.
Per questo motivo c’è la necessità di avere un dialogo costante e costruttivo tra esperti di diversi ambiti (urbanisti e politici, per citarne soltanto due categorie) e coloro che sono i veri protagonisti dei centri urbani: i cittadini.
Articolo di Margherita Scialino
Margherita Scialino, 20 anni, frequenta il corso di laurea in Studi internazionali all’Università di Trento. Appassionata di attualità e politica, è attratta da tutto ciò che è cultura, spettacolo, viaggio, lettura. Da grande, vuole fare la giornalista e questo articolo è la sua prima prova di giornalismo costruttivo.
Grazie alla collaborazione tra il Constructive Network, di cui sono co-fondatrice, Valory App, la piattaforma digitale interamente pensata per i giovani, fondata da Simona Dell’Utri, ceo de BE VALORY, la startup a vocazione sociale che connette i giovani al mondo del lavoro, e Sonja Ferjani, consigliera con delega alle politiche giovanili del comune di Pagnacco (Udine), ho tenuto un talent lab sul giornalismo costruttivo, dal titolo “Dalla notizia all’articolo, come si diventa reporter costruttivi”.
Dal laboratorio di giornalismo costruttivo è nato il team delle giovani reporter di Pagnacco, formato appunto da Margherita Scialino, Gaia Zampa ed Emma Gosparo, di cui racconterò contestualmente alla pubblicazione delle loro “prime prove” di giornalismo costruttivo.
È fondamentale dare ai nostri giovani l‘opportunità di sperimentare per scoprire i loro talenti e trovare la strada nella vita. Per questo ringrazio tutti i membri del Constructive Network e il team editoriale di News48.it, la prima testata di giornalismo costruttivo in Italia, diretta da Assunta Corbo, per aver dato la possibilità a queste giovani donne di vedere pubblicati i loro articoli.
Mariangela Campo
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