Non abbiamo ancora smesso di aver paura di un virus di cui non conoscevamo l’esistenza e già sentiamo il peso di un’altra paura. Un terrore che abbiamo sentito a volte vicinissimo, a volte lontanissimo e adesso davvero concreto. I media, nelle ultime settimane, hanno trasmesso un escalation di informazioni: chi attaccava, chi ritirava le truppe e chi le sistemava al confine. Un assurdo braccio di ferro, sfociato in quello che tutti temevamo: la guerra tra Russia e Ucraina.
Da una parte Vladimir Putin, Presidente della Federazione Russa (protetto dell’alleanza con la Cina appena rinnovata) e i sudditi ucraini del Donbass delle Repubbliche secessioniste, e dall’altra Volodymyr Zelens’kyj, un comico diventato Presidente dell’Ucraina. In tutto questo i grandi protagonisti sono: l’America di Biden, la Gran Bretagna di Boris Johnson, la Francia di Emmanuel Macron e l’Italia di Mario Draghi. Ovviamente, la Nato che ha attivato i piani di difesa e che sta cercando di capire come muoversi. Tutti hanno cercato di arrivare ad un accordo di pace e questa pace non è arrivata.
E così ci siamo svegliati la mattina del 24 febbraio con la notizia che Vladimir Putin ha dato il via a quella che ha chiamato “un’operazione militare speciale” in Ucraina, che pian piano si è mostrata un vero attacco. È stato lo stesso presidente russo renderlo noto in un discorso in tv, dopo che gli innumerevoli tentativi diplomatici per scongiurare la guerra erano venuti meno. Putin ha comunicato al mondo che vuole “denazificare” l’Ucraina, avvertendo la Nato con queste parole: “Chiunque provi a interferire o a minacciarci, deve sapere che la risposta della Russia sarà immediata e porterà a conseguenze mai sperimentate nella storia”. Le bombe hanno iniziato a colpire i punti strategici dell’Ucraina e le truppe hanno cominciato la loro marcia dal confine Nord (Bielorussia) e Sud (Crimea). Attacchi pesantissimi nei porti di Mariupol e Odessa.
La Russia ha invaso l’Ucraina: il ruolo dell’informazione
Mentre scriviamo sappiamo che le forze russe si trovano a Kiev. Tantissime le esplosioni nella capitale e anche la centrale di Chernobyl è in mano ai russi. Un’avanzata con un ritmo costante e di ora in ora si susseguono gli aggiornamenti. Un momento difficilissimo che vede il mondo, già estremamente provato, preoccupato per le proprie sorti. È impossibile guardare le immagini che arrivano dall’Ucraina perché, il dolore nei volti della gente e la scia di morte e distruzione, colpiscono dritto al cuore. Le Nazioni si chiedono che ruolo avranno in questa assurda guerra e quali saranno le tremende conseguenze che dovranno aspettarsi. Gli italiani sanno già che il governo Draghi ha garantito l’appoggio completo dell’Italia alla NATO a difesa dei confini europei.
In tutto questo ha un ruolo anche l’informazione e il ruolo del giornalismo costruttivo. Gli ultimi due anni hanno evidenziato un chiaro incremento delle fake news e la pandemia da Covid 19 ha mostrato il fenomeno in tutta la sua gravità, in un altalenante ciclo di informazioni spesso contraddittorie che hanno pesato enormemente nell’opinione pubblica. La globalizzazione, l’accesso sempre più facile alle informazioni non ha costituito il presupposto per la costruzione di una comunicazione politica capace di creare una relazione solida con i cittadini, al contrario l’avvento dei social media sta rappresentando il terreno ideale dove sfruttare la disintermediazione per gestire la comunicazione come strumento di consolidamento del potere.
Il ruolo del giornalista oggi
La politica dunque sembra sfruttare la disintermediazione per una costruzione del potere fondato sull’annullamento del processo di costruzione della conoscenza dove non trova spazio la cultura partecipativa, come sostiene Jenkins, per lasciare spazio alla polarizzazione e ad una opinione pubblica fondata sulla misinformation. Questo nel 2022 non è certamente tollerabile.
Al giornalista è in primis attribuito il ruolo di mediatore. Questa connotazione tipica non può cambiare né in funzione dell’ambito in cui la professione viene esercita né tantomeno in relazione al passare del tempo o delle modifiche che intervengono nel tessuto sociale.
Proprio nel corretto esercizio di questa funzione che si esplica il fattore credibilità. Wolfgang Blau, direttore delle strategie digitali della testata britannica The Guardian, sostiene che: “Adesso che così tanti cittadini consumano notizie attraverso i social media, compito sociale del giornalista consiste anche nello smontare false voci, una volta che superino una certa soglia di visibilità. Per raggiungere questo obiettivo è necessario che le testate giornalistiche costruiscano a poco a poco una propria comunità di lettori individuando, attraverso network di professionisti, temi sensibili per l’opinione pubblica e puntando sulla qualità dei contenuti e l’utilizzo di format innovativi da declinare con diversi strumenti: carta stampata, tv, radio e web”.
La crisi crescente del giornalismo e la perdita di credibilità e reputazione dei media tradizionali si è innestata in una crisi più ampia che sta investendo le istituzioni, i governi e le basi della democrazia per come le abbiamo vissute a cavallo tra la seconda metà del Novecento e primi anni del Ventunesimo secolo. La digitalizzazione come processo e la velocità con cui la tecnologia produce nuovi strumenti hanno fatto si che mai come in questa epoca storica siamo sommersi da una over-produzione di dati che devono essere decifrati, interpretati e compresi.
Il giornalista del Ventunesimo secolo deve avere due componenti ormai imprescindibili: essere un giornalista-analista capace di analizzare i dati e i flussi che si generano anche sui social per costruire le proprie storie e inchieste ed essere un giornalista-influencer, capace di costruire una propria immagine forte e autorevole sul web e sui social che sfrutta per diffondere in modo più ampio i contenuti e per tessere una relazione forte con il pubblico.
Una comunicazione ricca di contenuti verificati per fare chiarezza
La comunicazione deve essere ricca di contenuti e di valori e non solo non può permettersi di appiattirsi, ma il giornalista deve riacquistare il suo ruolo di “cane da guardia della democrazia”. In questa battaglia diventa fondamentale il fact checking, il controllo delle fonti un tempo rigorosa regola dei media tradizionali. In questo momento storico la diffusione di fake news diventa davvero pericolosa e destabilizza ancora di più tutta la popolazione.
Insomma, siamo tutti veramente stanchi e Papa Francesco ha detto nell’incontro con le Chiese orientali: “Il mondo è campione nel fare la guerra e questo è una vergogna per tutti”. E ancora: “Sembra che il premio più grande per la pace si dovrebbe dare alle guerre: una contraddizione! Siamo attaccati alle guerre e questo è tragico. L’umanità, che si vanta di andare avanti nella scienza, nel pensiero, in tante cose belle, va indietro nel tessere la pace. Dobbiamo pregare e chiedere perdono per questo atteggiamento”.
Ha telefonato anche a Sua Beatitudine Sviatoslav Schevchuk, Capo e Padre della Chiesa greco-ortodossa in Ucraina, per assicurargli il suo sostegno. Inoltre, si era recato in visita dall’ambasciatore russo presso la Santa Sede. Sempre più forti i richiami del Pontefice perché questa guerra, oggi, è veramente da considerare inaccettabile. Ricordiamoci che stiamo cercando di valutare i danni causati dalla pandemia. Non possiamo ancora considerarci liberi e questo conflitto deve essere assolutamente fermato.
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