«Quale informazione nel futuro?» è una domanda sempre al centro dell’attenzione del dibattito sul tema, in particolar modo da quando venne pubblicato “L’ ultima copia del «New York Times». Il futuro dei giornali di carta”, nell’Aprile del 2007 da Donzelli Editore.
All’epoca, l’autore, Vittorio Sabadin, giornalista de La Stampa, raccontava come lo studioso dell’editoria americana, Philip Meyer, prevedesse che l’ultima copia del NYTimes sarebbe stata acquistata nel 2043. La previsione era indotta dall’osservazione sul calo delle vendite delle copie cartacee dei giornali, trend che ha generato una crisi editoriale che già all’epoca era in corso da 20 anni e che ancora oggi è persistente dopo altri 16 anni.
Dinanzi a questo scenario, abbatstanza buio e catastrofico, verrebbe di pensare che il mondo della carta stampata ha i giorni contati, così come raccontato nel libro e che lo status della diminuzione della foliazione, a causa delle perdite della raccolta pubblicitaria, lo testimonia, ogni giorno.
Ma è esattamente questo il percorso che si sta perseguendo per lo sviluppo dell’informazione nel futuro? L’oblio del cartaceo?
In parte sì, ma non è così scontato perchè la risposta è complessa e anche se il trend delle vendite della stampa cartacea tende ad un segno “<“ oggi vi è una pluralità di piattaforme tra siti di informazione e testate native digitali e social media che non esistevano nel 2007 e che si sono sviluppate grazie all’evoluzione della tecnologia, ovvero, la stessa causa, o componente influente che ha prodotto una distrazione di massa dalla vendite delle copie cartacee e dal far visita all’edicolante di fiducia ogni giorno, tanto che alla diminuzione delle vendite è corrisposta anche la chiusura di molti edicolanti.
È un libro bianco tutto ancora da scrivere per quel che sarà il futuro dell’informazione o il dado è già tratto e non vi è data possibilità di sorta?
Cercando di non essere troppo pessimisti e di dare sentenze prima del dovuto dobbiamo tenere in considerazione che l’evoluzione tecnologica e il tempo dei suoi successi ed insuccessi è molto veloce e repentino e che ad ogni innovazione corrisponde il processo di una integrazione e di un cambiamento, questo vuol dire che è necessario monitorare continuamente lo sviluppo di nuove realtà di comunicazione e di informazione e osservare il come si relazionano e si integrano o si affiancano al main stream degli old media tra cui periodici e quotidiani cartacei.
Quando si parla di metriche di media e social media la frase: “è l’anno del video” è stata sempre protagonista, in qualche presentazione e dibattito; oggi, a questa possiamo iniziare ad aggiungere: “è l’anno del podcast” a margine di un incremento notevole per l’attenzione e fruizione di qualsiasi tipo di comunicazione ed informazione distribuita in formato audio, on demand.
Secondo i dati Nielsen Audible Giugno 2023, i social media sono la principale fonte per conoscere nuovi contenuti, con il 50% delle preferenze, ma la Tv tiene con il 16%, i siti degli editori&distribuitori al 26%, il 33% va ad altri siti internet e al 35% il passaparola, mentre la scelta di un contenuto audio è al primo posto per tematica con 33% dei feedback e poi per il personal branding di un narratore con il 18% e di un autore con il 15%, titolo 7% e recensioni 6%, meno successo hanno il passaparola e il sound design e novità a catalogo con il 5%, e in solo l’1% per l’attrattività della copertina.
Ad un calo di interesse verso lo storico strumento d’informazione cartacea abbiamo segnali di gradimento incoraggianti per le piattaforme multimediali che sono contenitori di prodotti e contenuti per i servizi dell’informazione e della comunicazione. È già una realtà, è il nostro presente sia la crossmedialità dell’informazione ma soprattutto la transmedialità.
Le modalità di elargire l’informazione non posso restare uguali a quando internet non era ancora entrato da protagonista e anche da trainer per l’acquisizione di nuovi modus operandi nelle nostre vite e nei nuovi equilibri da worklifebalance, in particolar modo dall’inizio della pandemia ad oggi, tre anni dopo che viviamo e abitiamo in una società digitale, fluida, altamente tecnologica più del 2019, ma soprattutto, postpandemica e sempre più human oriented.
Il Savoir Faire per una comunicazione ed informazione elegante
«L’aggressività del giornalismo moderno è un’aggressività cretina perché non ne ricavi niente. Il segreto è conoscere bene la storia di colui che hai di fronte e non giudicarlo, fare in modo che lui si apra, chi viene aggredito non racconterà mai nulla. Il giornalista deve chiedere non giudicare. Il giornalista deve vedere, capire, interpretare e raccontarlo, questo è il nostro mestiere» Gianni Minà.
Nell’intervista pubblicata da Fanpage il 21 settembre del 2016 erano queste le parole di commento e i moniti i Gianni Minà, storico giornalista Rai.
Se da un lato l’avvento di internet ha moltiplicato gli spazi di dialogo, di commento e di dibattito, anche dai toni accessi, in proporzione è cambiato anche il tono di voce di un certo modo di fare giornalismo, sempre più aggressivo e ansioso di scoop succulenti ai fini dell’enegagemente dell’audience e degli obiettivi commerciali, con incremento dei ricavi pubblicitari. Titoli civetta in prima pagina per attirare l’attenzione nelle edicole e titoli per la pratica del clickbating, on line, hanno contaminato, in qualche modo, la narrazione dai torni secchi, tipica della vecchia tradizione di approccio al mestiere, con toni allarmanti e ansiogeni e la rassegna stampa durante il periodo della pandemia è già un caso studio, da cui la domanda: “Si poteva gestire in maniera diversa la comunicazione?
E allora come guardare al futuro dell’informazione?
Non vi è dubbio che un punto di partenza sarebbe proprio il T.O.V. (Tone Of Voice) della narrazione e della sua comunicazione. Ritornare ad un approccio secco, esente da giudizi di giudici in toga e professori in cattedra se si esercita il mestiere del giornalista, se si fa pratica dell’attività giornalistica.
Il problema, non riguarda solo l’Italia. Sicuramente, in Italia, spesso si può assistere a ‘scivoloni di stile’ nella partita a ping pong sulla creazione dei titoli più fantasiosi e strillanti per farsi leggere, ascoltare e vedere. E queste cadute di eleganze diventano nutrimento per trasmissioni e programmi di satira e meme sul web.
Il Recap delle puntate precedenti
Una considerazione, in merito, con un pizzico di filosofia napoletana, l’avevo già fatta in occasione della Giornata Nazionale dell’Informazione Costruttiva, il 3 Maggio e un altro passaggio nella precedente riflessione sulle nuove pratiche di narrativa civile.
E sulla comunicazione anche l’intervista a Massimiliano Gennari, creatore di DEEGITO che fa il punto sui nuovi scenari del settore.
Last but not least il racconto che ho potuto fare in occasione dell’XI° edizione del WMF – We Make Future (già Web Marketing Festival) alla Fiera di Rimini il 17 Giugno con lo speech, a nome del Constructive Network, dal titolo: “L’etica nell’informazione multimediale è una scelta costruttiva per il dialogo con i pubblici lettori” in cui ho potuto illustrare la Carta Etica del Giornalismo Costruttivo e introdurre il concetto di Etica (oltre alle Carte dell’ODG) grazie alla presenza sullo scaffale, per Franco Angeli Editore, di “Ethics Gym”, l’opera di Maria Grazia Villa in cui la presidente del Comitato Etico del Constructive Network e titolare degli insegnamenti di Etica e deontologia ed Etica dei media allo IUSVE di Venezia e Verona, fa il focus sul come comunicare con etica e con approccio professionale per costruire relazioni robuste, empatiche, potenti e durature nel lungo periodo. La Villa è già autrice di “Brand Journalist”, sempre per lo stesso editore, tema con il quale contribuisce anche al mio volume, pubblicato da Dario Flaccovio Editore, dedicato al #NewsContentDesign e alla figura del #newscontentdesigner, pagine di testo dove come giornaliste, comunicatrici e autrici di saggi tecnici, ci poniamo la domanda sul come fare meglio e bene e cerchiamo di rispondere a chi si domanda, vista la velocità dei cambiamenti e riferimenti culturali e sociali, quali possano essere i futuri scenari possibili dell’informazione e della comunicazione.
Fresco di stampa, da Do IT Human, l’impegno sul campo di un percorso di vita professionale come quello della Villa e di Assunta Corbo, direttrice di questa testata giornalistica e co-founder del Constructive Network che assieme hanno dato alla luce “Inversione a U – come il giornalismo costruttivo può cambiare la società”. Una Pretesa? Una grande Ambizione? Una Sfida? Una Utopia? O solo l’Augurio di un approccio più saggio e corretto alle varie sfumature della comunicazione e dell’informazione?
(L’uso della lettera maiuscola mi aiuta a sottolineare l’importanza del tema al centro del dibattito contemporaneo).
L’intento del “Corbo-Villa” lo scopriremo solo leggendo e confrontandoci con le autrici, allo stesso modo di come una collega spettatrice al mio intervento nella Sala Neri del complesso di Rimini Fiera, mi ha chiesto se avrebbe potuto applicare l’approccio del “News Content Design” alle Media Relations. La risposta non poteva essere che affermativa anche perché è uno dei punti cruciali del mio racconto esperienziale di apprendista, di attivista della comunicazione e dell’informazione corretta, di praticante attiva e fautrice di comunicazioni e da media relator e brand journalist, oltre che di autrice di un racconto sullo sfondo di uno scenario delle culture digitali che parte dalla fine degli anni ’90 e che guarda al futuro illustrando parallelismi, interconnessioni e contaminazioni tra comunicatori abili portatori di notiziabilità e giornalisti, abili cacciatori e segugi, di notizie.
Per questo editoriale ho voluto fare un poco il punto della situazione, fermo restando che il futuro dell’informazione dipende da tutti noi e da quel che costruiamo in questo tempo narrativo del momento, di questo presente che è la base del nostro futuro di attori/spettatori, da produttori e fruitori di contenuti multimediali tra news, infotainment.
Partiamo da NOI, dal “qui ed ora”
Il futuro che vogliamo lo si inizia a scrivere da oggi: riempiendo le pagine bianche del presente con la consapevolezza del peso delle parole e dei torni più idonei alla comunicazione del contenuto d’informazione che ci accingiamo a pubblicare e a distribuire in modalità transmediale e g-local. E soprattutto sviluppando l’empatia e l’ascolto verso i bisogni degli interlocutori, nostri lettori e stakeholders.
Oltre a Noi Italiani, ci sono tanti colleghi che vivono e lavorano in varie aree del mondo, che a livello internazionale, si stanno adoperando proprio per portare avanti la constructive philosophy.
Perchè un’informazione corretta. con i toni di voce idonei alle circostanze, senza ingigantire o sminuire l’accadimento, che spesso è volentieri si narra in corso d’opera, con un tempo limitato per potere svolgere un’attenta attività di approfondimento, è un dovere per chi è produttore e un diritto da rispettare per chi ne usufruisce sia in un rapporto verticale (top-down) che in un contesto di UGC (user generated content).
Dunque, non parole autoreferenziali ma solo un resoconto dell’impegno di alcune attività che si stanno portando avanti in nome della filosofia di una sana e robusta comunicazione, partendo dai valori fondanti del Constructive Netword di cui News48 è il magazine di espressione e riferimento. Così come è già stato impresso nel web con i pixel dell’inchiostro virtuale, si continuerà, negli spazi della testa giornalistica e del network, a raccontare le buone pratiche: storie di creatori di soluzioni ai problemi della società civile e l’impegno dei comunicatori in ottica costruttiva.
Uno sguardo sul futuro
Da questo momento in poi, l’invito è quello di prestare maggiore attenzione agli hashtag #beconstructive e #giornalismocostruttivo oltre che #cartaeticadelgiornalismocostruttivo perchè sono quelli che concorrono, per l’Italia, al dibattito internazionale sul Solution Journalism (#SolutionJournalism e #sojo) e sulla Comunicazione Costruttiva (#constructivecommunication / #constructivecommunications).
Come si attiva il cambiamento? Facendo changemaking…
…perchè ognuno di noi può essere un change maker…
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