• Gio. Mar 30th, 2023

Educazione ai sentimenti: l’urgenza per i più giovani

Mag 14, 2021
Educazione ai sentimenti

Se uno scrittore del calibro di Alessandro D’Avenia, riflette sul Corriere della Sera, sulle nuove generazioni, ti aspetti che magari può esserci una moto dell’anima, una presa di coscienza, una reazione della ragione o un sussulto del cuore. Invece no. Tutto appare opaco e rimane tale. Più volte ho provato a riflettere, a voce alta, incontrando educatori, sacerdoti, agnostici e atei, ed ancora genitori e persino nonni sul fatto che nel nostro Paese manchi una corretta educazione ai sentimenti e che stiamo percorrendo un cammino che necessità un’immediata inversione di rotta.
Uno psicoterapeuta ha raccontato a D’Avenia come il primo rapporto sessuale di molte adolescenti che ha in cura sia stato frutto di una violenza.
D’Avenia ha chiesto spiegazioni sui fatti di cronaca legati alla “cultura dello stupro” e ha cercato di capire se l’educazione affettiva di molti giovani è connessa alle tante ore di video pornografici che li portano a pensare che il sesso coincida con il dominio dell’altro.

I dati sulla pornografia


Nell’articolo vengono riportati anche i dati pubblicati dal sito Pornhub, un portale web canadese di pornographic video sharing (cioè condivisione libera di materiale video pornografico) della famiglia del Porn 2.0, simile nella disposizione a YouTube, è sono davvero incredibili: nel 2019, 42 miliardi di visite, 115 milioni al giorno, aumentati a 130 milioni nel 2020.
Negli Usa ogni secondo 28mila persone guardano porno (il 61% da smartphone) e ogni secondo vengono spesi 3mila dollari per videochat private. Il 90% dei ragazzi tra 8 e 16 anni cerca quotidianamente siti pornografici in rete e, quasi sempre, la prima volta è accaduto per caso (basti pensare che l’età si aggira sui 9 anni). Il 74% dei consumatori abituali sono uomini.
D’Avenia, infatti, si chiede come si possa pensare che questo non influisca sulla sessualità e soprattutto sui giovani maschi. La pornografia presuppone che l’altro sia solo uno strumento di piacere e a volte le immagini sono violente. I video pornografici, così come le immagini, creano dipendenza soprattutto in chi non si sente in grado di gestire un rapporto vero.

Purtroppo, nonostante sia molto diffusa tra i ragazzi, non si affronta facilmente il problema della dipendenza. Oltretutto, così come dimostrano diverse ricerche, approcciarsi continuamente alla pornografia conduce alla perdita del desiderio, perché la realtà non soddisfa l’immaginazione.


Il vuoto educativo colmato dall’immaginario pornografico


Insomma, dice D’Avenia, il vuoto educativo in ambito affettivo viene colmato dall’immaginario pornografico. E conclude l’articolo con la sua testimonianza personale: “Tempo fa partecipai a una trasmissione in cui, provando a esprimere queste convinzioni, venni accusato di moralismo, mentre mi limitavo a dire che dovremmo educare i ragazzi alla capacità di conoscere il mondo senza distruggerlo, al contrario di un approccio consumistico dei corpi, soprattutto quelli femminili. Io educo a guardare il mondo con gentilezza, cioè ascoltando e scoprendo, perché ho come fine la libertà dei miei studenti, la pornografia educa invece a consumare, usare, dominare, perché ha come scopo vendere, rendendo dipendenti dai consumi compulsivi. Prima di parlare di cultura dello stupro, dovremmo interrogarci su quella che chiamerei «stuprornografia»: il consumismo ha trasformato il sesso in dominio e assoggettamento dell’altro, ma le relazioni vere e profonde, proprio grazie al sesso, si «alimentano», non si «consumano».”


Ormai, da tantissimi anni, mi occupo dei reati legati al sesso e ho condotto delle vere e proprie battaglie per far conoscere a tutti i risultati sociologici delle mie ricerche sul revenge porn e il sexting.
Il coronavirus ha contribuito a usare molto di più smartphone, tablet e pc e cosi il revenge porn, la diffusione di immagini pornografiche senza il consenso delle persone interessate, l’invio di foto e video privati che solitamente dopo una lite di coppia o dopo l’addio vengono postate in rete o inviate con la messaggeria veloce,Telegram o WhatsApp.
I nuovi modelli relazionali stanno contribuendo in modo significativo a definire i contorni della società. L’identità di genere, la sessualità e l’uso del corpo sono parte integrante di questo percorso e in particolare proprio corpo e sessualità, assumono una centralità che sembra attribuire loro una rilevanza ben maggiore rispetto alla propria costruzione identitaria.


Da sociologo mi sono occupato di come l’immagine del corpo passa attraverso i social network. I social network sono ormai i luoghi prevalenti di costruzione del proprio io, dove definire anche la propria intimità, sessualità, genere. Una delle caratteristiche principali che emergono dallo studio delle dinamiche comunicative social è l’individualismo e la concentrazione su di sé. I social sono il luogo della democratizzazione del privato, dell’autorappresentazione, dell’autonarrazione, dell’autocomunicazione di massa, dove si realizza la proiezione che ciascuno vuole dare di sé stesso agli altri ed anche il luogo per eccellenza dove gli altri attraverso il loro gradimento ci ridefiniscono. Il risultato è un’identità iperfluida, in continuo divenire che si plasma per ottenere il miglior gradimento all’interno delle reti social.

La connessione ci consente di relazionarci con più pubblici contemporaneamente attribuendo nuovo significato allo spazio e al tempo, dove prevale il tutto e ora, il presente che annulla passato e futuro. In questo senso l’estrema fluidità diventa fragilità se si concretizza nel bisogno di incontrare il gradimento degli altri come unico obiettivo, piuttosto che quello di esercitare un ruolo sociale. Quindi, diventa fondamentale apparire e il messaggio che viene trasmesso è quello della continua vetrinizzazione del corpo.

Formazione e informazione possono e devono passare anche sulle piattaforme social, cercando di gestire il disequilibrio tra online e offline che si sta verificando e della scissione fra apparenza, realtà e identità digitale. Bisogna educare le nuove generazioni ad un uso consapevole delle nuove tecnologie e trasmettere loro l’importanza dell’educazione ai sentimenti che deve comprendere la riscoperta di valori fondamentali come il rispetto di genere, dove la donna non rappresenta un mero oggetto di piacere.

Francesco Pira
Condividi il giornalismo costruttivo