Il tema della diversity al centro di una ricerca presentata al Seo&Love 2020. Dalle soluzioni a sostegno delle persone con disabilità alla lotta alle discriminazioni: diverse le iniziative messe in campo dai marchi. E l’opinione pubblica li premia in reputazione e ricavi.
“Se oggi non si riesce a comprendere il valore della diversità, si perde il treno”; perché oggi “le persone scelgono in base ai valori trasmessi dalle aziende”: così Francesca Vecchioni, fondatrice e presidente di DiversityLab, organizzazione non profit nata per “fare cultura dell’inclusione”. Una considerazione, la sua, nata commentando i dati della Diversity Brand Index, ricerca realizzata da DiversityLab per misurare l’impatto delle politiche di inclusione dei brand sull’orientamento delle consumatrici e dei consumatori italiani.
Cittadinanza più attenta ai brand inclusivi
I risultati dello studio parlano chiaro: 6 persone su 10 dichiarano di indirizzare le loro preferenze di acquisto verso marche percepite come inclusive. Si tratta del 63% delle persone interpellate sulla base di un campione rappresentativo di 1.043 cittadine e cittadini al centro di un’indagine da cui sono emersi 482 brand considerati tra i più sensibili all’articolato tema della diversity. Questione che include sette forme di diversità riconosciute in letteratura: credo/religione, disabilità, età, etnia, genere e identità di genere, orientamento sessuale e affettivo, status socio-economico.
Scelte orientate dall’etica
La ricerca si riferisce all’anno 2019 e rispetto al 2018 e al 2017 riflette una maggiore propensione delle consumatrici e dei consumatori a prediligere brand sentiti più inclusivi: se infatti nel 2019 si osserva sul piano dei consumi un 63% di persone attente alla diversity, l’anno prima si registra un +51%, mentre nel 2017 si raggiunge un +52%. Segno di una tendenza consolidata a tutto vantaggio di aziende impegnate a considerare diritti sociali, civili, qualità di vita delle persone oltre le barriere della discriminazione. In pratica “vuol dire che le nostre scelte davanti allo scaffale, anche a parità di prodotto, sono orientate dal fattore etico di un brand consonante ai nostri valori”, afferma la vicepresidente di Diversity Lab, Gabriella Crafa illustrando anche altri dati della ricerca. Come il +89,8% del Net Promoter Score, cioè l’indice del passaparola, in questo caso positivo e in crescita del 4,7% rispetto all’anno precedente per i marchi considerati attivi nelle strategie di inclusione: dato contrapposto al -86% dei marchi non inclusivi che secondo quanto evidenzia Diversity generano invece “un numero di detrattori preponderante”.
Crescita dei ricavi favorita dalla diversity
Un dato, quello della reputazione, che per le aziende significa inoltre vantaggi di tipo economico. Il Diversity Brand Index conferma infatti la convenienza a investire in politiche aziendali nel rispetto della diversità: nel 2019, mettendo a confronto i marchi i più inclusivi con quelli meno inclusivi, emerge un divario in termini di crescita dei ricavi pari a un +23% a favore dei brand che investono in pratiche rispettose delle diversità. Tutto questo con un ritorno in positivo dal punto di vista del passaparola, della reputazione e della fedeltà di consumatrici e consumatori.
Buone pratiche: il progetto Thisables
La strada seguita dai brand giudicati più inclusivi è caratterizzata dalla ricerca di soluzioni per rendere il più possibile migliore la qualità di vita delle persone e per promuovere il rispetto dei loro diritti, dei loro bisogni, della loro identità. Gabriella Crafa cita l’esempio di Ikea. Che con il progetto ThisAbles punta a facilitare la fruizione dei suoi prodotti a vantaggio di persone con varie forme di disabilità: una serie di accorgimenti sul fronte del design che rende più facile aprire un frigorifero, accendere o spegnere una lampada, alzarsi da un divano e così via.
Ikea premiata per la campagna #Fateloacasavostra
Sempre Ikea, con il suo ramo italiano, viene premiata al Diversity Brand Summit, svolto a Milano a giugno 2020 su iniziativa di Diversity e della società di consulenza Focus MGMT. Un premio su 21 aziende selezionate dal Diversity Brand Index conquistato grazie alla campagna audiovisiva #Fateloacasavostra, laddove quel “fatelo a casa vostra” diventa rivendicazione dell’essere se stessi, per manifestare la propria affettività, la propria identità, il proprio orientamento sessuale, sentendosi liberi di farlo come a casa nostra, ovunque ci si trovi, senza essere discriminati.
Huawei e l’app StorySign per bambine e bambini sordi
L’altro premio della rassegna lo conquista Huawei per aver lanciato l’app StorySign, pensata per facilitare l’apprendimento di bambine e bambini sordi grazie alla possibilità di libri traducibili in tempo reale nella lingua dei segni per godere in modo più agevole della bellezza di una favola, di una storia, di un racconto.
Per una nuova visione del potere dei brand
Si tratta di esempi considerati espressione di nuove forme costruttive di responsabilità sempre più apprezzate dall’opinione pubblica: “Le persone – sostiene Francesca Vecchioni – vogliono che i brand usino il loro potere per arrivare agli altri. Ed è la stessa cosa che dobbiamo fare noi. Ognuno di noi deve riuscire a usare il proprio potere come vogliamo che facciano i brand”.
Un percorso rivoluzionario che riguarda le azioni e le scelte quotidiane di tutte e tutti noi.
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