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Diventare giornalista non è solo una questione di tesserino

Dic 5, 2022
diventare giornalista

Un tesserino non fa il giornalista e il giornalista non lo fa il tesserino. In tanti, troppi a mio avviso, ritengono che diventare giornalisti, oggi, sia semplicemente possedere il famigerato tesserino (storpiato tristemente altresì in patentino in più di un’occasione) e che il brandire tra le mani il cartoncino granata sia il coronamento di uno status elitario miracoloso in grado di far fluire migliaia di euro sul proprio conto corrente. Gli annunci sul web impazzano: “Cerco testata che mi faccia prendere il tesserino”; oppure: “Facendo questo percorso diamo la possibilità di acquisire anche il tesserino da giornalista”. Insomma, una sorta di 3×2 del discount dove assieme al detersivo e al pane puoi comprare in promozione anche un tesserino da giornalista che sta bene con tutto e “non sporca”.

Non so chi abbia sparso la voce che sia un cartoncino a determinare la capacità di svolgere questo mestiere o quando si sia caduti ad offrirlo quasi gratuitamente per ottenere manodopera lowcost illudendo anche le nuove generazione che ancora credono in questa professione, nonostante tutto.

Del resto, l’accesso al Giornalismo è troppo facile: nessun corso obbligatorio per diventare pubblicista (lo step che consente di prendere il super tesserino), basta scrivere un tot di articoli retribuiti per due anni in modo continuativo e il gioco è fatto. Quanto pagati, la qualità dei contenuti e il blasone delle testate sono dettagli poco rilevanti perché, in fondo, il fine giustifica i mezzi: al termine dei 24 mesi si può inserire il possedimento del tesserino nel proprio cv.

Come se, per diventare medici, bastasse seguire dei videocorsi online o fosse sufficiente per esercitare la professione forese non una laurea in Giurisprudenza ma il presenziare in aula ad alcune udienze.

Il tutto possibilmente senza essere mai scesi in strada a fare un’intervista, ma prendendo pezzi qua e là su internet poi rimescolati al suono di ctrl C + V. Ah dimenticavo: una volta ottenuto il tesserino, si paga una quota annuale per rimanere nell’albo.


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Essere giornalisti: cosa ci insegnano i grandi

Eppure. Eppure i grandi ci insegnano che il Giornalismo è un’altra cosa. Un mondo fatto di taccuini scarabocchiati, “no” e telefoni sbattuti in faccia; di corse per strada per arrivare sul posto, di volti, di lacrime, di interviste rubate. Le serate al campetto sotto l’acqua a prendere i tabellini di Terza Categoria, i campanelli suonati per farsi rilasciare una dichiarazione, le ore al freddo per finire un sondaggio e i reportage tra i rifiuti e le periferie. Non c’è e non ci dovrebbe essere comodità nel Giornalismo; il bello di questo mestiere è proprio la relazione, l’uscire tra le vie della città a cercare fatti, il desiderio di scoprire la verità. Oggi, invece, si punta al titolone, al click, al gossip, al copiare senza pudore gli articoli dei colleghi, ai commenti corrosivi sotto ai post che fanno “tante” interazioni. Come non è il job title di Linkedin a fare il professionista così non lo è il tesserino a fare il giornalista; si può scrivere su blog e testate senza essere giornalisti o aver la pretesa di esserlo ma portando il valore della propria specializzazione. Non si può intendere questa professione come un hobby: un giornalista è un giornalista non un artigiano, un consulente o un medico.

Professionalità: è questo che si dovrebbe cercare da una parte e offrire dall’altra, per riportare questo mestiere là dove deve essere prima che sia troppo tardi. Perché non c’è nulla di elitario nel dire di essere giornalisti con il tesserino tra altri 15289026283932 giornalisti con il tesserino se poi non c’è un lavoro professionale retribuito in modo serio.

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Michela Trada
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