Ci sono stanze bianche piene di disegni colorati, fotografie, frasi rubate agli scrittori e oggetti realizzati a mano. Sono le camerette degli ospedali e i ricreatori dei centri diurni e dei centri residenziali che, un po’ in tutta Italia, accolgono le ragazze e i ragazzi, qualche volta adulti e sempre più spesso bambini, che soffrono di “disturbi del comportamento alimentare”. Immagini e parole scelte con cura che colpiscono perché esprimono meglio della voce il disagio, la tristezza, le difficoltà quotidiane ma anche la speranza e la voglia di guarire.
I “disturbi del comportamento alimentare” (DCA) sono una malattia, e ancora prima un dolore dell’anima, che si cerca di far emergere con parole corrette e azioni di sensibilizzazione, tanto che il 2 giugno, in concomitanza con la Festa della Repubblica, si celebra la giornata mondiale dei disturbi alimentari che quest’anno punta sull’equità di accesso alle cure per tutti.
Il controllo del cibo non è una moda, come frettolosamente si è portati a pensare, per essere magri e in forma. Parla di molto altro: della vita che si vorrebbe cambiare, delle relazioni che si sentono strette, del bisogno di essere accettati e amati. A volte raccontano anche di bullismo e violenze.
Il malessere prende forma del cibo che diventa un nemico: chi è colpito da anoressia nervosa se ne priva così tanto che gli organi vitali vanno in sofferenza; chi soffre di binge eating (alimentazione incontrollata) mangia “senza condotte di compensazione” ovvero fino a stare male; chi soffre di bulimia nervosa si abbuffa frequentemente per poi liberarsi di ciò che ha ingerito.
Complice l’aumento di ansia, stress e preoccupazioni, sappiamo che nell’ultimo anno di pandemia i DCA sono cresciuti in Italia del 30%, e dei tre milioni di pazienti (erano 30 mila negli anni Novanta), circa due milioni sono adolescenti. Sono soprattutto quest’ultimi ad arrivare impreparati alla più delicata fase della vita, che implica delle trasformazioni fisiche e psicologiche. Impreparati, talvolta poco ascoltati e pressati da modelli culturali sbagliati. Il guaio per loro è entrare nella palude dei disturbi alimentari – che è la seconda causa di morte tra i 12 e i 18 anni dopo gli incidenti stradali – e uscirne a fatica.
DCA : cosa sono?
I DCA «sono forme nuove di depressioni che interpretano il disagio contemporaneo, patologie multifattoriali, che riuniscono cause psicologiche, nutrizionali, familiari, genetiche e sicuramente culturali» spiega la dottoressa Laura Della Ragione, Presidente Siridap, psichiatra e psicoterapeuta, pioniera degli studi sui disturbi alimentari, che ha fondato e dirige una rete complessa di assistenza pubblica in Umbria. «Nell’insorgenza di un DCA vengono ad interagire fattori che creano una sorta di predisposizione o vulnerabilità (fattori genetici che interagiscono con fattori culturali) su cui agiscono altri fattori scatenanti (ad esempio un trauma o un periodo particolarmente stressante, come può essere la pandemia da Coronavirus) che fanno precipitare la situazione, che altrimenti sarebbe potuta rimanere latente».
Tra cause culturali, c’è l’attenzione esagerata alla magrezza del corpo. «L’associazione tra magrezza e bellezza, l’attenzione all’immagine corporea e l’industria della dieta, condizionano la forma che prende il disagio psicologico dei giovani, che in passato trovava altri canali per esprimersi», continua la dottoressa Della Ragione. «I canoni di bellezza moderni non si possono considerare delle cause deterministiche nell’insorgenza dei DCA, quanto piuttosto dei fattori che ne modellano il modo in cui si manifestano». Oltre i corpi perfetti, la nostra società ha cambiato stili di vita, ha cibo abbondante e una costante esposizione a nuovi mezzi di comunicazione. «Molte ricerche hanno provato il legame tra esposizione ai media, preoccupazioni per il proprio aspetto e disordini alimentari. Anche la frequenza di fruizione di riviste di moda, con le donne magrissime è correlata ai disturbi alimentari», ha scritto la dottoressa Chiara Zambon, esperta di DCA, nel 2019. Gli adolescenti hanno bisogno di aiuto e conforto per costruire una propria identità e nell’ultimo anno hanno sofferto il lockdown senza relazioni tra pari, senza socialità e con l’unica voce concessa, quella virtuale della rete e dei social network.
Disturbi Alimentari: come riconoscerli
Ma come si colgono i segnali di un disturbo del comportamento alimentare? Si va dall’iperattività fisica, all’introduzione di comportamenti nuovi a tavola (sminuzzare il cibo), dall’ossessione per le forme corporee al peggioramento del tono dell’umore. «Una chiusura improvvisa, silenzi che prima non c’erano, piccole lesioni sul corpo, inappetenza, incapacità a stare a tavola con esigenza di alzarsi per andare in bagno, segni di scarso sonno, irritabilità eccessiva, sono tutti segni preliminari», spiega Matteo Balestrieri che, tra i vari incarichi, è professore di Psichiatria all’Università degli Studi di Udine e Direttore della Clinica Psichiatrica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine. Il professor Balestrieri nel 2013 ha diretto il primo Master universitario in Italia rivolto alla formazione professionale degli operatori impegnati nel trattamento di DCA “Diagnosi e trattamento dei disturbi del comportamento alimentare”.
Per aiutare a capire questi segnali della malattia, c’è un nuovo vademecum “Abbi cura di te – L’ABC dei disturbi alimentari”, a disposizione di pediatri di libera scelta e medici di base dal marzo scorso. Un manuale che dà consigli per una corretta comunicazione con pazienti e famiglie. Sono, infatti, i medici e i pediatri i primi ad entrare in contatto coi pazienti, insieme ad allenatori e professori. «Grandi campagne di prevenzione dovrebbero riguardare quattro aree di intervento: scuola, mondo dello sport, mass media e diet industry», dice ancora la dottoressa Della Ragione.
Dove curarsi
Dove si curano i disturbi del comportamento alimentare? Il sito www.disturbialimentarionline.it ha l’elenco dei centri italiani suddivisi per Regione: identificato quello più vicino a casa si procede chiedendo un appuntamento. Per il primo supporto psicologico è attivo l’800180969 SOS Disturbi alimentari della Presidenza del Consiglio.
Una volta riconosciuti, i DCA si curano con un’equipe medica multidisciplinare composta da medico o pediatra, psichiatra o neuropsichiatra infantile, dietista, psicologo e con quattro livelli di cura, tutti necessari, come consigliato dal Ministero della Salute: ambulatorio , semiresidenziale, residenziale, ospedaliero. Ognuno dei medici dell’équipe mantiene la propria identità professionale, e tutti insieme compongono un mosaico in grado di aiutare i pazienti. «Purtroppo la metà delle regioni italiane non ha una rete completa di assistenza, – spiega la dottoressa Della Ragione – così i pazienti sono costretti a curarsi lontano da casa, con grandi disagi per i ragazzi e per le loro famiglie. Sarebbe necessario che ognuno potesse curarsi nella propria regione, anche perché le terapie sono lunghe, non durano meno di due anni».
È proprio a causa di queste migrazioni forzate tra Regioni, dovute alla mancanza di una rete omogenea di centri in tutto il territorio nazionale, che il Coordinamento Nazionale Disturbi Alimentari ha scelto la parola “equità” per unire il 2 giugno 2021 la Festa della Repubblica e la “Giornata internazionale dei disturbi alimentari”: equo e per tutti deve essere il diritto alla salute e alla cura, sancito dall’art. 32 della Costituzione. Infine, per garantire che tutti possano avere accesso a cure gratuite in questo momento c’è una proposta di legge per inserire i DCA all’interno dei livelli essenziali di assistenza LEA.
I “disturbi del comportamento alimentare” hanno tempi di guarigione molto lunghi e a fare la differenza è l’azione tempestiva. Nei casi migliori ci vogliono 2-3 anni di cure, nei casi peggiori la malattia non finisce mai. Durante questi percorsi, le Odv (un tempo Onlus) diventano il tramite importante tra le famiglie, il territorio, i centri di cura e le istituzioni. Chi si ammala o chi ha un familiare ammalato di DCA trova appoggio e storie simili.
«Le Associazioni sanno come supportare le famiglie. Organizzano incontri di mutuo-aiuto con scambio di emozioni e vissuti, seguono le azioni legislative, normative e assistenziali, e offrono assistenza psicologica – spiega Donatella Martini da cinque anni Presidente della Fenice FVG, Associazione nata nel 2008 in provincia di Udine e presente anche in Veneto.
In Italia sono due le organizzazioni che riuniscono le associazioni del territorio: il ”Coordinamento Nazionale Disturbi Alimentari”, organizzazione di volontariato nata nel 2014, dalla volontà di alcune associazioni di Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Puglia e Basilicata, e Consult@noi che raccoglie e coordina 17 Associazioni diffuse su tutto il territorio italiano.
- Disturbi alimentari: riconoscerli per poterli curare - Maggio 26, 2021