In ogni angolo d’Italia, negli edifici scolastici che dovrebbero essere fucine di conoscenza e opportunità, si sta verificando una crisi silenziosa e devastante. Un fenomeno che mina il futuro di molti giovani italiani, lasciando una scia di malessere, disuguaglianza, mancanza di opportunità e un impatto profondo sulla società. La dispersione scolastica coinvolge i giovani italiani da Nord a Sud, si muove in modo subdolo e senza farsi notare nell’immediato ma gettando le basi per un futuro difficile per le generazioni in età scolare.
Sebbene ci sia stato un miglioramento, rilevato anche dagli ultimi dati presenti nel Rapporto Annuale 2023 dell’Istat, non è ancora un fenomeno su cui mettere il punto finale. Tra il 2012 e il 2022, la quota di giovani tra 25 e 34 anni che hanno conseguito almeno un titolo di studio secondario superiore è cresciuta di 6 punti percentuali, raggiungendo il 78 per cento. Questa rimane però ancora di 7,4 punti al di sotto della media europea. Tra i 18-24enni, nel 2022 l’11,5 per cento ha abbandonato precocemente gli studi, senza conseguire un diploma secondario superiore. In questo caso, il distacco con la media europea in un decennio si è ridotto da 4,7 punti percentuali a soli 1,9. Il panorama richiede qualche riflessione considerando che la media europea è del 9,6% e il fatto che l’Italia si trova agli ultimi posti della classifica dei Paesi dell’UE.
Cosa succede ai nostri ragazzi? Nel rapporto Istat si legge anche che un giovane su due (il 47,7% dei 18-34enni) mostra segnali di deprivazione in uno dei domini chiave del benessere: istruzione e lavoro, coesione sociale, salute, benessere soggettivo e territorio. Di questi ragazzi oltre 1,6 milioni (pari al 15,5 per cento dei 18-34enni), sono multi-deprivati ovvero mostrano segnali di deprivazione in almeno due domini.
Secondo i dati Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione), nel 2022 si stima che la dispersione scolastica totale, implicita ed esplicita, superi il 20% a livello nazionale. Guardando con la lente più da vicino, l’Istat ci dice che nell’anno scolastico 2021/22, quasi un giovane su 10 che ha conseguito il diploma secondario superiore ha competenze in italiano e matematica inferiori a quelle degli studenti del secondo anno dello stesso ciclo. Qui tocchiamo il tema della dispersione implicita, ossia il mancato raggiungimento dei livelli di competenza nelle materie scolastiche. La percentuale di ragazzi che non raggiunge livelli adeguati di lettura e comprensione del testo è passata dal 34% del 2018 al 39% del 2022. In matematica, sempre nello stesso periodo, la quota è passata dal 39% al 44%.
Dispersione scolastica in Italia: un fenomeno complesso
Quello della dispersione scolastica è un fenomeno complesso. La definizione ricorrente è che si tratti della mancata, incompleta o irregolare partecipazione al percorso di istruzione da parte dei ragazzi e delle ragazze in età scolare. Di fatto può riguardare l’abbandono totale, l’uscita precoce dal percorso formativo, l’assenteismo, la frequenza passiva o l’accumulo di lacune.
A questo fenomeno si aggiunge quello dei NEET (Not in Education, Employement or Training) ossia i giovani che non studiano, non seguono percorsi formativi e non lavorano. Secondo i dati Istat del 2022 essi rappresentano il 19% dei ragazzi e delle ragazze tra i 15 e i 19 anni. Questo fenomeno interessa maggiormente le donne, i disabili, chi ha un percorso migratorio, coloro che provengono da situazioni familiari complesse e chi vive in aree svantaggiate.
Osservando i dati a disposizione emerge un punto di vista che vale la pena di immettere nel dibattito pubblico: ogni studente che abbandona la scuola rappresenta un fallimento educativo. Qualcosa non ha funzionato. E, probabilmente, è da ricercare nell’impostazione del percorso scolastico. Sembra emergere la necessità di una scuola più equa e capace di rispondere in modo adeguato alle esigenze di ogni singolo individuo. Un modello educativo che tenga conto anche della sfera emotiva e dei talenti individuali. È quello che chiedono i ragazzi delle nuove generazioni ed è anche ciò che sta avvenendo nel mondo del lavoro. Una maggiore attenzione alle soft skills e agli aspetti umani e relazionali. Il tempo che viviamo è un tempo che sta facendo un’inversione a U importante: più personalizzazione e meno generalizzazione.
IEXS: il coraggio di trasformare il percorso educativo

«Il vero cambio di paradigma chiede una trasformazione della struttura stessa della scuola portando il focus sulle persone e sulle loro potenzialità, non sul contenuto o sui programmi come avviene ora – afferma Luca Taverna, co-fondatore della IEXS, International Experiential School – Il regime scolastico a cui siamo abituati nasce in un’epoca completamente diversa dalla nostra. Stiamo parlando del XVIII secolo, della cultura illuminista e delle circostanze economiche della Prima Rivoluzione Industriale. È basato sul principio del lavoro duro per trovare una professione. I ragazzi e le ragazze di oggi non credono più in questo modello. Per loro è vecchio e stressante». E i dati lo confermano. Le nuove generazioni di studenti abbandonano la scuola perché non stanno bene. Esattamente come accade agli adulti che decidono di abbandonare il proprio lavoro. Le dinamiche appaiono essere le stesse e portano a pensare a una carenza di ascolto, condivisione, valorizzazione. Là dove la didattica tradizionale propone modelli standardizzati a cui ogni studente è chiamato ad adattarsi, il cambio di paradigma proposto da IEXS è quello di valutare ogni studente come un individuo diverso, con talenti e potenzialità uniche. «In una società in cui la sensibilità viene vista come una debolezza è importante capire che si tratta invece di un talento, di una dote. Per noi è rilevante stimolare le strutture cognitive ed emotive di ogni ragazzo e ragazza per creare una crescita equilibrata che possa poi permettere loro di affrontare le sfide e le opportunità della vita».
Le tre intelligenze dell’essere umano
Nata 7 anni fa a Reggio Emilia, l’International Experiential School è un luogo dove i ragazzi imparano a vivere, fanno esperienze concrete e da esse traggono insegnamenti utili per la loro vita. Questo processo formativo si basa sullo sviluppo delle tre principali intelligenze dell’essere umano: l’intelligenza logica, l’intelligenza emotiva e l’intelligenza corporea. «Far crescere un ragazzo o una ragazza è come coltivare una pianta. L’adolescenza non è l’età in cui raccogliere i frutti, è quella della nutrizione. Noi adulti dobbiamo nutrirli anche se non fanno frutti. Dobbiamo credere in loro. – aggiunge Taverna – Ogni studente deve ritrovare sé stesso durante il percorso formativo. Sebbene gli adulti siano alla ricerca della ricetta magica per la formazione dei propri figli, non va dimenticato che la scuola è quel luogo dove riconosciamo la nostra identità. E questo percorso non può essere uguale per ogni studente. L’età dell’adolescenza, poi, è molto delicata e rappresenta il periodo in cui si forma l’identità dei ragazzi e delle ragazze. Per questo la scuola è anche il luogo in cui loro possono e devono sbagliare».
Il percorso scolastico alla IEXS è completo. Si parte dalla Scuola dell’Infanzia per procedere fino alla Scuola Secondaria di Secondo Grado che propone sette indirizzi: Liceo Scienze Umane, Liceo Scientifico, Liceo Bio Medico, Istituto Tecnico Informatico, Liceo Sportivo Internazionale, Istituto Tecnico Marketing e Finanza Internazionale e Istituto tecnico Moda e Design. Vengono proposti anche Lab Learning pomeridiani rivolti a tutti che vanno dal potenziamento in alcune materie specifiche, a corsi di preparazione per i test universitari, laboratori artigianali, corsi per professionisti di vari ambiti e attività sportive. E per il proseguimento degli studi è possibile accedere alla UniEXIS, l’Università con 9 diverse Facoltà, 4 Master e 4 Experience per preparare gli studenti al mondo del lavoro.

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Il valore dell’esperienza
I programmi della IEXS sono quindi orientati all’esperienza. Dalla scuola dell’infanzia fino all’Università non si danno voti basati sul sapere ma si seguono i bambini e i ragazzi durante il loro percorso e si gestiscono le problematiche quando sorgono incoraggiando l’autovalutazione e il senso di responsabilità rispetto ai risultati ottenuti. Questo stesso approccio viene adottato per i ragazzi con disturbi dell’apprendimento che sembrano essere in forte crescita negli ultimi anni. Premesso che l’Italia non dispone di una banca dati nazionale per i disturbi neuropsichiatrici, l’unica fonte ufficiale disponibile è quella del MIUR ed è relativa alle certificazioni scolastiche redatte ai sensi della Legge 170. Quindi sono esclusi tutti gli studenti che non seguono un percorso di certificazione e va tenuto conto delle oscillazioni regionali. Secondo i dati a disposizione, però, possiamo già vedere che se nell’anno scolastico 2018/2019 i ragazzi con DSA certificati erano 298.114 con una quota del 4,9%, nell’anno scolastico 2019/2020 si è saliti a 318.678 studenti con una percentuale del 5,3% e in quello successivo (2020/2021) a 326.548 pari al 5,4%.
Taverna ha le idee chiare per quello che riguarda anche questi dati: «nel 99% dei casi non è mai una questione didattica e vederle come difficoltà è semplicistico. Per noi sono delle caratteristiche e dei valori aggiunti su cui puntiamo. Non è sufficiente offrire a questi ragazzi degli strumenti compensativi, è importante far comprendere loro il valore della propria unicità. Ognuno di noi, se ci pensiamo, utilizza strumenti differenti nella fase di apprendimento. Fa parte anche questo del percorso individuale».
Nuove opportunità per il futuro che nascono dai valori umani
A oggi il polo scolastico emiliano ha accolto oltre 400 studenti. Di questi, 60 ragazzi e ragazze hanno ottenuto la maturità, l’80% dei quali ha scelto un percorso universitario. Di questi ultimi il 50% ha deciso di lavorare e studiare contemporaneamente. Il 20% del totale, invece, ha iniziato a lavorare alla fine della scuola Secondaria di Secondo Grado.
«Uno dei principi su cui si basa la nostra proposta formativa è che il miglior apprendimento avviene in gruppo. A questo si aggiunge il valore della collaborazione che è un elemento di crescita fondamentale – racconta Taverna – anche per questo abbiamo previsto una Banca Ore che mettiamo a disposizione della comunità che ruota intorno alla scuola. Quando i ragazzi arrivano tardi li invitiamo a fare dei piegamenti, 10 ogni minuto di ritardo. Se invece accumulano di più o se devono assumersi responsabilità per azioni non corrette allora mettono a disposizione il loro tempo per offrire servizi alla comunità».
Il modello IEXS prevede anche un percorso di mindfulness. «All’inizio di ogni giornata ai ragazzi è offerta la possibilità di dedicare dieci minuti alla mindfulness e alla meditazione, per trovare la giusta predisposizione emotiva e psicologica che permetta loro di affrontare nel migliore dei modi le ore di lezione. Questa opzione si inserisce in un modello nel quale crediamo fermamente, che pone i ragazzi davvero al centro e insegna loro ad ascoltare e ascoltarsi – afferma Taverna – la disposizione d’animo degli studenti condiziona tutta l’impostazione relazionale, su cui il processo formativo si basa: la relazione con loro stessi, con i compagni, con gli insegnanti. La meditazione migliora la capacità di gestire gli stati d’animo e le risposte impulsive, rafforza la capacità di contrastare stress, ansia, depressione, in altre parole permette di mantenere un equilibrio proficuo nei rapporti intrapersonali e interpersonali, stimolando i talenti di ciascuno per far sì che germoglino anche e soprattutto in virtù della relazione».
Una scelta, questa, che ha portato a dei risultati non trascurabili: il 90% dei ragazzi mostra un aumento del tasso di fiducia in sé stessi. La conferma arriva anche dai questionari anonimi proposti ogni anno per misurare sia il rendimento scolastico che la situazione emotiva e il benessere dei ragazzi. In 7 anni di lavoro sull’intelligenza emotiva degli studenti i risultati mostrano una crescita del 33% nel tasso di soddisfazione della scuola e del 28% dei ragazzi che si sentono apprezzati dagli insegnanti. Sono cresciuti del 24% gli studenti che ritengono le attività stimolanti e dello stesso tasso percentuale quelli che affermano di andare a scuola più volentieri rispetto ad altri contesti. I risultati risultano essere migliori rispetto a quelli emersi dai questionari di altre scuole, come evidenziato nello studio “Benessere in classe e Apprendimento” curato da Mario Polito.
Essere docenti adatti a un percorso formativo che va controcorrente
In un quadro formativo così controcorrente diventa fondamentale il ruolo dei docenti. «Questo è uno degli aspetti più complessi: per inserire un professore nell’organico selezioniamo circa 1000 candidati. Quello che noi cerchiamo non è un docente che si limita a condividere contenuti. Chi lavora nella nostra scuola assume il ruolo di guida che stimola e aiuta gli studenti in una delicata fase dell’età evolutiva ed è un esempio positivo di moralità. Viene formato per essere capace di scoprire e valorizzare le potenzialità di ogni studente. Per questa ragione deve essere disposto a mettersi in gioco con la formazione e ad avere uno scopo umano – spiega Taverna.
Un quadro rassicurante che si propone come un esempio concreto di cambio di paradigma. Viene da chiedersi come questo possa inserirsi nel panorama scolastico tradizionale e quanto sia sostenibile questo percorso da parte delle famiglie.
«Siamo un polo scolastico Paritario Internazionale e proponiamo rette variabili e accessibili perché l’idea è dare l’opportunità a tutti i ragazzi di poter frequentare la nostra scuola. Nei nostri piani c’è l’apertura di una sede a Milano esportando lo stesso modello anche su un territorio differente. In merito al panorama scolastico attuale ci tengo a evidenziare che non abbiamo nessuna intenzione di sostituirci alla scuola pubblica ma desideriamo viaggiare al suo fianco auspicando un futuro maggiormente collaborativo. La scuola può portare valore sociale ed economico oltre a dover essere, per i ragazzi, un luogo sicuro dove poter crescere».
La crescita individuale parte dalla scuola
La riuscita del percorso scolastico è un processo che ha a che fare con la crescita individuale nel suo complesso. La scarsità di stimoli e di risorse che conducono alla scelta di abbandonare la scuola si ripercuote inevitabilmente sulla formazione delle capacità sociali, cognitive ed emotive dei ragazzi. Come un effetto domino dirompente questo andrà a riflettersi sul percorso professionale dei più giovani oltre che sul loro benessere psico-fisico. Secondo i dati Istat l’azzeramento della dispersione scolastica avrebbe un impatto positivo sul PIL compreso in una forbice che va da un minimo dell’1,4% ed un massimo del 6,8%. E questo avverrebbe per diverse ragioni. Per prima cosa perché la spesa pubblica investita in istruzione – che nel 2021 corrisponde al 4,1 % del Pil – tornerebbe nel sistema grazie al lavoro e alla produttività di chi ha potuto beneficiare di questa spesa. In secondo luogo, perché alti livelli di istruzione favoriscono l’applicazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie e delle nuove skills. Infine, questo circolo virtuoso aiuterebbe a invertire la rotta della povertà interrompendo il circolo attualmente attivo. In Italia, infatti, il meccanismo di trasmissione intergenerazionale della povertà è più intenso che nella maggior parte dei paesi dell’Unione Europea: quasi un terzo degli adulti (25-49 anni) a rischio di povertà proviene da famiglie che, quando erano ragazzi di 14 anni, versavano in una cattiva condizione finanziaria.
Avere a cuore il futuro di un Paese non può prescindere dalla cura dell’istruzione. È grazie a un efficace percorso formativo che diventa possibile prevenire la povertà e l’esclusione sociale. Così come, con l’attenzione all’individuo e a valori come empatia, gentilezza, condivisione e collaborazione ci si assicura il mantenimento dei valori umani e civili e si può combattere ogni forma di discriminazione. Se la scuola è un osservatorio importante per cogliere i bisogni, le difficoltà e le risorse dei ragazzi e delle ragazze, allora è tempo che ci si fermi a osservarla davvero. Con la consapevolezza che un presente educativo adatto ai nostri tempi sia possibile.

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