“Se, come diceva Shakespeare ‘Tutto il mondo è un palcoscenico’, allora anche il palcoscenico è un mondo”. Così Cinzia Spanò, 46 anni, nata a Milano, attrice e drammaturga da molti anni e attivista per i diritti delle donne spiega quanto sia importante che il mondo del teatro rispecchi finalmente una rappresentazione paritaria del femminile. Cinzia è tra le 110 donne del 2020 per il Corriere della Sera e ora è Presidente di Amleta, una nuova associazione di promozione sociale formata da professioniste del teatro che si battono contro la disparità di genere. Amleta è riuscita a trasformare il momento di crisi causato dalla chiusura forzata dei teatri in un’opportunità di riflessione e cambiamento delle dinamiche interne al sistema stesso, che sono alla radice delle diseguaglianze.
Come nasce Amleta?
Amleta nasce, infatti, in piena pandemia da Covid-19: tutto parte in Italia a inizio lockdown. Nel marzo 2020, con la chiusura forzata dei teatri, si forma il movimento Attrici Attori Uniti, mirato a creare un terreno di confronto su tematiche legate al mestiere attoriale.
All’interno di esso nascono diversi tavoli di lavoro, tra gli altri il tavolo di genere, che diventa il primo punto di incontro tra attrici allineate su quello che sarà il tema centrale dell’impegno di Amleta: le problematiche di genere nel settore dello spettacolo dal vivo.
Amleta inizia quindi il suo percorso con 28 socie fondatrici: attrici, drammaturghe e formatrici teatrali di tutta Italia, che si trovano settimanalmente attraverso incontri online.
Da subito la rete si allarga a 100 socie iscritte alla newsletter, che poi diventano in breve tempo 200. A dicembre 2020 Amleta si costituisce come associazione di promozione sociale. Da febbraio l’associazione è impegnata nella campagna tesseramento con una quota raggiunta di quasi 400 tessere. Amleta si espande attraverso il tesseramento non solo per la necessità di fondi, ma perché: “più siamo più riusciamo ad essere incisive”, spiega Cinzia Spanò. “Abbiamo anche diversi uomini iscritti, e sono i benvenuti. È importante essere in tante e tanti anche per avere peso nelle decisioni prese ai tavoli di lavoro”.

Il primo obiettivo: la mappatura
Il primo obiettivo importante raggiunto da Amleta ha permesso di scattare una fotografia accurata della situazione attuale. È stata infatti realizzata una dettagliata mappatura della presenza femminile nelle professioni del teatro.
“Il nostro punto di partenza era il voler dare una concretezza ad una sensazione, che era quella della disparità di genere nel mondo dello spettacolo dal vivo – racconta Alessia Bedini, 40 anni, attrice, performer, formatrice e co-fondatrice di Amleta con base a Milano – Si è quindi pensato di prendere in mano i cartelloni delle stagioni degli ultimi tre anni, dal 2017 al 2020, dei teatri Nazionali, dei TRIC (Teatri di Rilevante Interesse Culturale), e della Fondazione Piccolo Teatro di Milano. Tutte realtà supportate da finanziamenti pubblici. L’intento era capire come venivano distribuiti i fondi all’interno del nostro settore. Da lì, grazie ad un lavoro capillare, iniziato a giugno 2020, è nata la mappatura, il primo obiettivo molto concreto raggiunto da Amleta, che ci ha permesso sia di mettere nero su bianco una sensazione sia di avere dei dati dai quali iniziare a promuovere un cambiamento”.
La mappatura denuncia dati che parlano da soli: tra i più gravi la mancanza totale di donne alla direzione dei Teatri Nazionali in Italia. Solo 6 TRIC sono diretti da donne sul territorio nazionale.
La presenza generale femminile, valutata attraverso tutte le professioni del teatro – registe, drammaturghe, curatrici adattamento e attrici – è solamente del 32,4%, quando quella maschile, arriva a più del doppio con un 67,6%.
Le donne sono anche meno presenti nelle sale principali dei teatri analizzati. Le drammaturghe rappresentano solo il 14,6%, e la disparità diventa schiacciante quando vediamo il grafico della regia maschile per le sale principali salire all’82,9% e quella femminile relegata al 17,1%.
E le attrici? Anche in questo caso la parità è lontana: sui palcoscenici principali le donne restano il 37,5% sul totale teatri e scendono al 35,9% nelle sale principali.
Questi dati assumono sfumature importanti se si considera che secondo il rapporto ‘Cultura e tempo libero’ di Istat, con dati disponibili fino al 2018, a teatro la partecipazione di pubblico femminile è, in tutte le fasce di età, più elevata di quella maschile – 21,5% delle donne contro il 16,8% degli uomini. In particolare, il pubblico di ragazze tra i 15-17 anni si distanzia di oltre 10 punti percentuali rispetto ai coetanei maschi.
Alla luce di questi dati Amleta non si rassegna. La sua forza risiede proprio nella messa in pratica attiva e coordinata di progetti e azioni concrete.
Monica Faggiani, 49 anni, nata a Salerno e residente a Milano è attrice, autrice formatrice e co- fondatrice di Amleta. Parlando della mappatura racconta: “È stato un lavoro impegnativo che abbiamo portato avanti nel corso dell’estate lavorandoci insieme e a distanza. Per capire basti considerare che ogni teatro ha tre sale o anche più e che abbiamo voluto contare la presenza di attori, attrici, drammaturghe, e di tutte le professioni dello spettacolo. Abbiamo investito per consegnare i dati ad un analista che potesse restituirceli in grafici a torte o a colonna. Perché sappiamo quanto le immagini contino. È stata la nostra Amleta Eleonora Giovanardi a trasformare i dati in un video che abbiamo distribuito alla comunità”.
L’importanza della formazione permanente
La formazione permanente è stato un altro obiettivo raggiunto da Amleta. Tutti i mercoledì si tengono incontri online che delineano un percorso di formazione che prevede la collaborazione di esperti ed esperte delle problematiche di genere: critiche cinematografiche, filosofi, filosofe, scrittrici, sociolinguiste.
“La formazione non è soltanto finalizzata ad acquisire delle informazioni”, continua Monica, “ma anche a creare un humus comune per fissare i nostri obiettivi, e trovare le strategie per portarli avanti in maniera ottimale. Attraverso la condivisione di queste pillole video, estratte dai nostri incontri, vogliamo incoraggiare la comunità a formarsi, perché c’è ancora molto da sapere per capire di cosa si parla quando si parla di disparità e di femminismo”.
I mercoledì di genere, visibili sulla pagina Facebook di Amleta, hanno finora visto tra i nomi coinvolti: Igiaba Scego, scrittrice, Lorenzo Gasparrini, filosofo femminista, Diana De Marchi, Presidente della Commissione Pari Opportunità e Diritti Civili della città di Milano, Attilio Palmieri, critico cinematografico, le avvocate Roberta De Leo e Lara Benetti, Maura Gancitano, filosofa e fondatrice con Andrea Colamedici della libreria di Tlon, Marina Pierri, critica cinematografica e autrice e Vera Gheno, sociolinguista.

Il linguaggio come ‘luogo’ per modificare il reale
A proposito di linguaggio, Amleta è impegnata a creare un vocabolario comune condiviso, perché, come afferma Alessia Bedini “si può avere una sensibilità, ma formarsi affinché quella sensibilità diventi competenza è un’altra cosa”.
Laura Tedesco, 34enne, attrice a autrice palermitana che oggi vive a Roma, è co-fondatrice di Amleta e dichiara: “Creare un linguaggio può formare la realtà che ci circonda, modificarla. Per questo i mercoledì di genere sono un atto concreto. Attraverso chi ci segue il linguaggio diventa un luogo per modificare la nostra realtà e superare la disparità di genere. Per questo il passo successivo alla mappatura è stato lavorare alla formazione di un vocabolario che potesse diventare simbolo e motivo di cambiamento, così che insieme a noi sempre più persone diventino consapevoli”.
Dai mercoledì di genere è nata anche una collaborazione tra Amleta e la libreria di Tlon – che si occupa della crescita filosofica personale. Tlon inserirà alcuni testi proposti da Amleta – dai testi teatrali ai libri per bambini – come consigli di lettura per incoraggiare una maggiore consapevolezza di sguardo.
L’azione di Amleta di svolge quindi sempre su due binari paralleli.
Uno è quello culturale come spiega Cinzia Spanò: “Nel momento in cui ti metti le lenti di genere il mondo cambia, ed è come accendere una lampadina in una stanza buia. È necessario lavorare su un aumento della pulizia dello sguardo, perché crescendo immerse in una cultura patriarcale fin da bambine, non è scontato riuscire a vedere”. L’altro è il piano pratico per la lotta verso la parità e contro la violenza di genere. In questa direzione Amleta ha un dialogo aperto con una serie di interlocutori: il Sindacato, il Ministero della Cultura, il Consiglio Superiore dello Spettacolo, drammaturghe, registe e organizzatrici che hanno espresso desiderio a incontrare l’associazione.
“L’alleanza esiste tra tutte le lavoratrici dello spettacolo e, mi preme dirlo, anche tra i lavoratori, perché gli uomini non sono esclusi, e anzi noi sollecitiamo la loro alleanza, così come noi siamo loro alleate in tutte le battaglie civili che riguardano i diritti”.
L’importanza della rete e la lotta contro la violenza di genere
Sono nate tante collaborazioni con altre associazioni sul territorio italiano che hanno aderito al manifesto di Amleta: Dire Fare Cambiare, RES – unione compagnie del Veneto e Differenza Donna, associazione di avvocate ed esperte che dal 1989 si occupa di violenza di genere. Quest’ultima sta seguendo Amleta supportando le lavoratrici dello spettacolo coinvolte in casi di violenza e abuso attraverso un’assistenza psicologica e legale. Ed è proprio anche grazie alla preziosa collaborazione con Differenza Donna che Amleta ha portato all’arresto di Claudio Marini, ‘regista’ ciociaro che organizzava finti provini per mettere in atto violenze a giovani attrici.
A proposito di questa vicenda, Cinzia racconta: “Parlare di violenza è affrontare la tematica più delicata e sommersa. Sappiamo che per anni ci sono stati abusi che nessuno ha mai nominato, situazioni che vanno avanti da molti anni. La violenza è diversificata. Noi lo stiamo osservando anche grazie a una mail molto protetta, osservatoria.amleta@gmail.com, che leggono solo in 3 Amlete, io compresa, e alla quale arrivano molte segnalazioni.
Rispetto al caso di Claudio Marini, prima dell’estate, ci sono arrivate delle segnalazioni riguardanti una giovane ragazza che dopo avere subito un tentativo di abuso, è riuscita a liberarsi di questo finto regista, scoprendo poi che diverse colleghe si erano trovate in una situazione simile alla sua. Ha trovato diverse segnalazioni in rete e scoperto dell’esistenza di un gruppo Facebook privato formato da attrici molto giovani che avevano subito tentativi di violenza da parte dello stesso regista. Il numero delle ragazze coinvolte era molto numeroso, ed erano già state depositate delle denunce.
Nel momento in cui abbiamo saputo cosa stava accadendo abbiamo cominciato a indagare, anche attraverso le nostre avvocate, chiedendoci come fosse possibile che questo finto regista-aggressore agisse ancora indisturbato”.
Marini, come molti abusanti, organizzava finti provini con una serialità maniacale.
Le città dove agiva, sempre con le stesse modalità, erano Roma, Milano e in alcuni casi Bologna.
L’iter era: un primo provino che avveniva in studi affittati con telecamere, luci, personale.
Le ragazze avevano già una sensazione spiacevole spesso al primo incontro, ma la situazione aveva ancora una parvenza di credibilità. Le attrici venivano poi richiamate per un call back, che avveniva con modalità completamente diverse: un appuntamento davanti a un Mc Donald in cui venivano accompagnate in macchina – direttamente da Marini – in un monolocale sfitto, senza telecamere o personale, luogo del presunto provino.
Provino sul quale Marini teneva il segreto fino all’ultimo, fino a quando chiedeva di recitare una scena su un divano, che prevedeva un bacio e delle “effusioni”.
A quel punto molte ragazze se ne andavano subito” racconta Cinzia.
“È molto difficile far capire questo passaggio, dal momento che nel nostro ambiente c’è il ‘far-west’ se sei giovane non capisci che cosa sia lecito o non lecito chiedere, a cosa sia giusto o non giusto sottoporsi. E questa è una delle cose sulle quali lavora Amleta. Il lavoro che noi facciamo sui social crea quegli anticorpi che permettono alle giovanissime di capire che cosa non è lecito che venga chiesto in una situazione professionale. È non è una cosa scontata, perché nelle accademie non è mai stato fatto questo lavoro, e prima o poi andrà affrontato.
Le avvocate erano sorprese quanto noi che Marini non fosse stato ancora fermato, perché oggi come oggi, per legge, nel momento in cui arrivano in Procura segnalazioni di questo tipo nel giro di pochi giorni i Magistrati sono tenuti ad interpellare la parte offesa. Invece in questo caso le ragazze non erano mai state chiamate”.
Quando arriva la segnalazione più grave che riguarda un vero e proprio stupro a una ragazza di 19 anni, Cinzia Spanò chiama l’Avvocata Teresa Manente di Differenza Donna, specializzata in violenza di genere, una delle migliori in Italia. Teresa Manente ascolta la ragazza vittima di stupro e prende la nomina. Il giorno successivo Manente è dalla Magistrata e dopo due settimane circa Claudio Marini viene arrestato. “La lezione è che bisogna rivolgersi a specialiste in violenza di genere”, conclude Cinzia, “perché il primo avocato non aveva mai depositato le segnalazioni e denunce, e intanto Marini è andato avanti un altro anno ad aggredire donne. È importante agire prontamente e con gli strumenti giusti”.

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L’attenzione all’utilizzo di immagini di nudo estratte da spettacoli teatrali nei canali della pornografia online
Sempre in collaborazione con Differenza Donna, Amleta sta supportando economicamente – accompagnandole nell’iter della denuncia – alcune colleghe vittime di un altro tipo di violenza: la diffusione non consensuale di immagini di nudo artistico su siti pornografici, estrapolate da video di spettacoli teatrali o da film presenti in rete.
Cinzia racconta: “Ci è arrivata la prima segnalazione relativa a scene di nudo estrapolate da un video di uno spettacolo teatrale e ci siamo subito attivate con la prima denuncia. Un mese dopo abbiamo ricevuto la seconda segnalazione, riferita invece a immagini estratte da un film, e in seguito altre”. Anche in questo caso Amleta sta agendo su più fronti: prima di tutto fornendo un sostegno economico e di accompagnamento, finanziando ove possibile i costi legali.
Per sostenere la prima denuncia del costo di 2000 euro, le 28 socie fondatrici di Amleta hanno preso un impegno in prima persona, contando anche ottimisticamente su fondi ricavati attraverso altre attività.
Un esempio: in occasione del 25 novembre Amleta ha realizzato un video, un collage di tutti gli spettacoli delle attrici-socie sul tema della violenza di genere, vendendolo ad un ospedale che nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne ha voluto offrirne la visione ai suoi pazienti.
Altra fonte importante di fondi sui quali l’associazione conta è la campagna tesseramento.
“Perché è importante per noi in questa fase poter contare su aiuti e solidarietà dall’esterno – spiega Cinzia – dentro Amleta c’è un lavoro di volontariato che prevede l’impegno di socie laboriosissime che mettono ore e ore del loro tempo nelle nostre cause. Un lavoro quotidiano e continuo”.
Anche i teatri hanno una responsabilità
Amleta incoraggia, inoltre, una presa di responsabilità da parte dei teatri e delle piattaforme online rispetto al rischio di questi episodi. Questo è un limite su cui c’è ancora molto da fare.
“Stiamo cercando di imporre ai teatri la protezione di quelle immagini. I video degli spettacoli non hanno l’obiettivo di veicolare lo spettacolo all’esterno. Servono come archivio e per questo dovrebbero restare all’interno di scambi protetti che non prevendono la restituzione al pubblico. E anche qui bisogna intervenire perché spesso le liberatorie che ci viene chiesto di firmare con i primi contratti ci fanno completamente perdere il controllo sulla nostra immagine. Anche il diritto di essere retribuite per l’uso che viene fatto di quel materiale. Vorremmo semplicemente evitare che attrici che fanno una scena di nudo in uno spettacolo che può andare da Shakespeare a Genet, ritrovino il loro corpo ‘esposto’ all’interno di siti pornografici con decine di migliaia di commenti e visualizzazioni. Bisogna che i teatri si assumano anche loro la responsabilità. Un altro limite è che vanno previsti contratti che proteggano questi materiali. Il lavoro di Amleta è molto lungo e faticoso, però se ci sono dei precedenti si inizierà a pensarci due volte prima di pubblicare un video in una piattaforma libera per tutti”.
“Il messaggio che stiamo trasmettendo a giovani attrici e colleghe è: non siete sole – dichiara Monica Faggiani – Purtroppo siamo state sempre in una posizione ricattabile nel nostro ambiente. È facile che accadano fatti del tipo: “Non fai questo, o lo dici? Non lavori più”. E poi ci si trova a 20 o 25 anni a dire: cosa faccio? come faccio? a chi lo dico? verrò creduta, non verrò creduta? Adesso ci siamo noi. In queste denunce Amleta si costituisce parte civile perché dobbiamo dare un segno che la violenza non è accettata. Dobbiamo smettere di pensare che perché siamo attrici, e lavoriamo con il nostro corpo, allora stiamo zitte. Anche di fronte alle libertà dei registi. No. Io dico sempre: li fermeremo, non so il tempo che ci vorrà, ci metteremo il tempo che serve. Non è facile.
È costoso e richiede lavoro costante e rete, ma noi siamo qui per questo”.
Sostegni concreti per la genitorialità e una nuova drammaturgia del femminile
Resta un altro ambito molto importante in cui si sta muovendo Amleta: il tema della genitorialità. L’idea è di garantire sostegni efficaci che possano permettere a una donna di scegliere la maternità in modo consapevole, senza pensare di dover rinunciare alla professione. “Questo è un problema comune a diversi ambiti, purtroppo. Quando ero al 7° – 8° mese di gravidanza potevo fare solo l’assistente, non l’attrice, o perché non c’erano ruoli e perché nessuno ti propone una parte. Sei fragile ed è rischioso se ti accade qualcosa mentre stai lavorando. Questa è un’altra tematica che sta emergendo”.
Altro tema importante, è la riformulazione della drammaturgia, che prevede anche collaborazioni con alcune università, per capire come costruire una drammaturgia che contenga dei personaggi femminili non stereotipati che non corrispondano ad una solita narrazione. Laura Tedesco a questo proposito spiega: “Per quanto riguarda il lavoro sulla drammaturgia – che riguarda noi attrici e drammaturghe – chiediamo, attraverso un test, una rappresentazione del femminile variegata e sfaccettata. La donna non è soltanto la fanciulla di 18 anni, non è solo la madre, siamo personaggi a tutto tondo noi donne. È inutile che limitiamo la narrazione a poche figure che sembrano quasi sempre ancellari rispetto agli uomini”.
Amleta sta indagando sul come le drammaturghe esistenti narrano e trattano le donne, sia a livello di numeri – calcolando ad esempio quanti personaggi femminili rispetto ai maschili ci siano in un cast – sia sul come vengono narrate queste donne. Non ultimo quale sia il linguaggio riservato alla loro narrazione. “Ci interessa sapere se la donna è solo descritta con un linguaggio idealizzante, o denigrante e a cosa serve quel tipo di linguaggio. Da un lato il nostro test serve a raccogliere dati, sui numeri, le presenze, ma dall’altro lato serve anche a farsi le domande giuste, aiutando ad accendere delle lampadine per affrontare la drammaturgia in maniera diversa. Questa azione che potrebbe sembrare intellettuale è in realtà concreta. Siamo poi alla ricerca di spazi per registe e drammaturghe – racconta Laura.
“ Dobbiamo pensare che noi raccontiamo a quella famosa maggioranza di donne del pubblico delle storie sulle donne scritte dagli uomini e chiaramente le donne introietteranno narrazioni stereotipate e patriarcali da cui sarà faticoso liberarsi. Non vogliamo che facciano tutto le donne ma che almeno arriviamo a questo 50%, così che le donne in platea si vedano raccontate narrate in maniera non stereotipata. Questo è un obiettivo a lungo termine che impatta culturalmente sulla nostra società. L’Italia è indietro anni luce su tutte le questioni di genere rispetto a tanti paesi europei – afferma Monica.
Gender Pay Gap
Secondo i dati del Global Gender Gap report 2020 stilato dal World Economic Forum l’Italia è al 76 posto su 153 paesi, tra gli ultimi paesi in Europa con la Grecia e la Repubblica Ceca. “L’Italia si posiziona dopo tanti paesi che hanno molte meno risorse rispetto a noi. E da questi dati non si può prescindere – dice Cinzia – perché hanno un forte impatto culturale e ci stiamo battendo perché le donne non debbano più vivere questa ulteriore disparità”.
Pe muoversi su questo territorio, Amleta fa sue le parole di Simon de Beauvoir: “Non dimenticate mai che sarà sufficiente una crisi politica, economica o religiosa perché i diritti delle donne siano rimessi in discussione. Questi diritti non sono mai acquisiti. Dovrete restare vigili durante tutto il corso della vostra vita.” Muoversi comunicando in modo chiaro e garantendo l’aiuto e il sostegno concreto alle donne: questa la lezione che possiamo imparare da Amleta.
E se i risultati di tanti suoi progetti saranno visibili nel tempo, i semi che ha seminato in meno di un anno, hanno già dato importanti frutti.
Foto in home page: Da sinistra le attrici e co- fondatrici di Amleta: Roberta De Stefano, Roberta Paolini e Debora Zuin, in Piazza Duomo a Milano – Photo Credit Isabella De Maddalena
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