Ascoltare le lamentele di giovani neolaureati impossibilitati a trovare un’occupazione che sia pertinente al loro percorso di studi sembra essere diventata una consuetudine.
Molti giovani si accontentano della prima opportunità che gli si presenta, pur di riuscire a raggiungere l’indipendenza economica.
In questo modo contribuiscono a normalizzare una situazione piuttosto critica, soprattutto considerando gli anni di studio dedicati dalla maggior parte di loro per potersi specializzare in una determinata disciplina.
I dati della disoccupazione giovanile
Questa situazione persiste in Italia da diversi anni, come dimostrano i dati che sono stati ricavati nel 2022 dall’Eurostat (Ufficio statistico dell’Unione europea), secondo i quali il nostro Paese occuperebbe, sul podio della disoccupazione giovanile, il terzo posto, subito dietro Spagna e Grecia; medaglia di bronzo che non costituisce alcun motivo di vanto.
Nonostante questo, la fetta di popolazione coinvolta è in lieve diminuzione. L’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ha registrato, nel trimestre fra agosto e ottobre 2022, che il valore inerente la disoccupazione giovanile si aggirava intorno al 23,7%.
La percentuale degli inattivi
Un’ulteriore importante fetta di disoccupati, però, è rappresentata dalla percentuale degli inattivi, costituita dalla componente demografica che non risulta alla ricerca di un impiego durante le quattro settimane precedenti alla registrazione dei dati e quindi non disponibile a lavorare nelle due settimane successive.
Nel censimento del 2022 si tratta del 34,3% della popolazione in una età compresa tra i 15 e i 64 anni.
Una parte di questo valore, dunque, riguarda anche una notevole componente giovanile che non ricopre alcuna posizione lavorativa (per via di un percorso di studio che non permette di conciliare entrambe le attività o semplicemente non avendone ancora la necessità economica).
Nonostante queste percentuali possano apparire alte, c’è da considerare, però, che rispetto al 2021, i valori sono in via di miglioramento, con una diminuzione dell’ 11,8% di ragazzi in cerca di lavoro e del 2,6% di inattivi.
Quali sono i fattori all’origine della disoccupazione giovanile in Italia?
La situazione attuale risente delle ripercussioni tanto della crisi economica del 2008, quanto della crisi del debito sovrano del 2010, due momenti di difficoltà ravvicinati che hanno portato l’Italia a registrare la percentuale più bassa di disoccupazione nel 2013 con il 55,5% della popolazione.
Se nel 2018 la ripresa è stata tale da riportare il Paese ai livelli pre-crisi, l’emergenza sanitaria dovuta alla situazione pandemica del 2020 ne ha nuovamente rallentato l’andamento.
Anche se negli ultimi anni la situazione lavorativa giovanile sembrerebbe essere migliorata, il processo di ripresa è ancora troppo lento per via di ulteriori criticità oggetto di dibattito, come ad esempio l’età di pensionamento: attualmente in Italia l’età per il raggiungimento della pensione di vecchiaia è fissata a 67 anni.
Fra le cause del tasso di disoccupazione giovanile odierno, dunque, vi sono anche le opportunità lavorative ridotte tali da soffocare la voglia di mettersi in gioco da parte delle nuove generazioni.
La situazione dell’occupazione giovanile su scala europea
Un’altra perplessità emersa e discussa dal commissario UE Nicholas Schmidt, riguarda l’abbandono del percorso di studi da parte di molti giovani e la richiesta di competenze specifiche in determinati settori lavorativi.
Nonostante il valore di disoccupazione giovanile sia molto elevato, egli sostiene vi sia una “carenza di manodopera” anche a causa del tasso elevato di abbandono scolastico, e una “carenza di competenze tecniche” spesso non sufficientemente specifiche; salari eccessivamente bassi, invece, sono sufficienti a spiegare la demotivazione delle nuove generazioni.
Schmidt commenta:
“Se vogliamo attirare nuovi lavoratori nell’edilizia, tanto per fare un esempio, bisognerà pagarli meglio“
Un’ultima considerazione che il commissario puntualizza riguarda l’approccio dei giovani al mondo lavorativo: “bisogna indurre un cambio di mentalità e uscire dall’idea che si trova lavoro perché si conosce lo zio di un amico”.
Un nuovo approccio, una nuova società
È necessario dunque rivoluzionare il modo di pensare e di adattarsi al mondo del lavoro, una realtà in continua evoluzione.
Alcuni dei mestieri tradizionali hanno la necessità di rinnovarsi, mentre nuove professioni stanno nascendo grazie all’avvento del digitale o a causa dei cambiamenti sociali e della crisi climatica, condizioni che sensibilizzano le aziende e le orientano ad un’ottica più responsabile.
Imprescindibile risulterebbe anche una revisione del sistema scolastico in modo che l’apprendimento diventi un percorso graduale di acquisizione di competenze specifiche attraverso una collaborazione attiva tra studente e docente.
L’esempio costruttivo della Finlandia
Costituisce un esempio in questo campo la Finlandia, Stato che dal 2015 vede tantissimi giovani coinvolti nell’insegnamento scolastico: il 7% ha meno di 30 anni e il 57% meno di 50, quando in Italia appena l’1% è under 30 e il 58% è over 50.
Nuovi metodi di insegnamento, infatti, sono finalizzati a privilegiare l’interazione tra alunni attraverso aree di lavoro, preferendo al tradizionale sistema di voti e giudizi, valutazioni motivazionali.
Inoltre, allo studio di tre lingue straniere vengono affiancate attività extra-didattiche in modo da permettere agli allievi di coltivare le proprie passioni ed i propri interessi.
Come ci insegnano i finlandesi, dunque, l’educazione e la crescita dell’individuo andrebbero valorizzate dalla più tenera età per farle sbocciare in età adulta e permettere che siano interessi e attitudini di ogni giovane italiano ad aiutarlo a trasformare le proprie passioni in una realtà professionale, senza che la retribuzione e la richiesta di una certa figura professionale siano oggetto di preoccupazione.
Emma Gosparo
Emma Gosparo, 22 anni, graphic designer. Appassionata di arte, esprime il suo talento attraverso la grafica, il teatro e la musica. Ama la natura, le cose semplici e i viaggi organizzati all’ultimo momento e questo articolo è la sua prima prova di giornalismo costruttivo.
Grazie alla collaborazione tra il Constructive Network, di cui sono co-fondatrice, Valory App, la piattaforma digitale interamente pensata per i giovani, fondata da Simona Dell’Utri, ceo de BE VALORY, la startup a vocazione sociale che connette i giovani al mondo del lavoro, e Sonja Ferjani, consigliera con delega alle politiche giovanili del comune di Pagnacco (Udine), ho tenuto un talent lab sul giornalismo costruttivo, dal titolo “Dalla notizia all’articolo, come si diventa reporter costruttivi”.
Dal laboratorio di giornalismo costruttivo è nato il team delle giovani reporter di Pagnacco, formato appunto da Emma Gosparo, Margherita Scialino e Gaia Zampa.
È fondamentale dare ai nostri giovani l‘opportunità di sperimentare per scoprire i loro talenti e trovare la strada nella vita. Per questo ringrazio tutti i membri del Constructive Network e il team editoriale di News48.it, la prima testata di giornalismo costruttivo in Italia, diretta da Assunta Corbo, per aver dato la possibilità a queste giovani donne di vedere pubblicati i loro articoli.
Mariangela Campo
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