La comunicazione di massa è una comunicazione di intenti e di intenzioni: impossibile pensare a un’editoria capace di essere costruttiva senza tenere conto di questo concetto. Un prodotto editoriale, di qualunque natura, porta con sé i valori, la missione e la Vision di un’azienda quale una casa editrice; non è solo il caso delle imprese che pubblicano magazine e quotidiani, ma anche di quelle che si dedicano alla produzione di libri o supporti visivi che, in ogni caso, erogano una qualsivoglia informazione. Scrivere è fare informazione. Leggere è acquisire informazione. Indipendentemente da cosa e da dove si legga. Assoggettata alle dinamiche del populismo, l’editoria rischia di diventare uno strumento nelle mani di chi dovrebbe usufruirne e non tenerne le redini.
Informare, acculturare, educare: il cambio di rotta nella visione de “la massa”
Vi è una rischiosa incoerenza nell’editoria che confonde il termine “comunicazione di massa” con quello più semplice di “massa”: seguire quest’ultima per poter assicurarsi un appeal maggiore significa dimenticare i propri intenti e le proprie intenzione. È qui che il potere e la possibilità del mondo editoriale di educare i suoi fruitori si sfalda a favore di un inquinamento culturale, le cui conseguenze sono un allontanamento progressivo non tanto di quei lettori quanto della loro fiducia e del loro scegliere quel determinato flusso comunicativo, che automaticamente si indirizzerà verso altro.
Uscire da questo diabolico meccanismo, di cui prima vittima sono spesso gli editori stessi (non del tutto biasimabili poiché inseriti anche loro in dinamiche di business e di visibilità, antitesi dei principi di etica e credibilità), potrebbe essere possibile spostando l’attenzione da un binomio all’altro.
Da comunicazione di massa a cultura di massa.
Sostenere di fare comunicazione di massa è diverso dal sostenere di fare cultura di massa: acquisire questa consapevolezza ti mette dinanzi a una nuova prospettiva e, dunque, a un nuovo modo di guardare al tuo stesso impegno. Su cosa impatti? Sulla comunicazione stessa o sulla cultura? Pensare di fare semplicemente comunicazione (di massa) significa porsi a un livello superficiale della società: si dà l’informazione e questa resta in sospeso, alla mercé del giudizio di chi la acquisirà. Accettare di avere un impatto sulla cultura (di massa) ti fa entrare nelle viscere del mondo, ti fa rendere conto di aver inserito le mani fino ai gomiti in quella che è la società che non solo, a quel punto, ti circonda ma che da te si aspetta una guida, un’ispirazione, un cambiamento.
Scegliere di avere un impatto sulla cultura di massa significa prendersi la responsabilità vera della propria influenza; significa essere consci del peso che hanno i valori trasmessi attraverso il proprio prodotto editoriale e la loro presenza nel mondo; significa rendersi consapevoli di avere un ruolo decisivo non solo sul presente di un popolo, di un Paese, di una società, ma anche e soprattutto su quello che sarà il futuro. Anteporre la responsabilità sull’altro rispetto a quella che abbiamo nei confronti del nostro Brand editoriale è una delle poche scelte che permette di essere coerenti con entrambe le responsabilità validando ancor di più il processo verso la diffusione dei nostri valori più profondi.
Responsabilità editoriali: oltre la legislazione
Si potrebbe fare un elenco dettagliato di quelle che sono le responsabilità, a livello legislativo, dell’editore (e, insieme a lui, dei vari direttori di una casa editrice, dei responsabili, dei caporedattori e così via). Vi è però un labile confine tra la responsabilità civile o penale e quella più etico sociale, morale, personale sebbene le conseguenze, invece, siano profondamente diverse.
Vi è una tipologia di responsabilità editoriale che va ben oltre quella legislativa: certo, l’editore risponde a norme e leggi che lo obbligano a fare determinate cose e gliene vietano altre, ma qui si tratta di una responsabilità nei confronti dell’umano. Umano in quanto individuo con paure, desideri, speranze. Quei sentimenti, insomma, su cui fanno leva le Fake News, che sfruttano le convinzioni condivise dalla massa e cercano di ottenere il cosiddetto “confirmation bias”: generalmente, si sa, le persone non sono in cerca di informazioni, ma di conferme. Atteggiamento spesso inconscio. Ecco perché le Fake News hanno fatto presa (ma sono destinate a non avere più nessun potere, con il tempo).
I dati? Come dicevamo, certi avvenimenti cambiano di molto la direzione dell’informazione. Nel 2018 (secondo una ricerca Agcom) più della metà delle Fake News (circa il 57%) che giravano in Italia erano riconducibili a fatti di cronaca, ad argomenti legati alla politica o ad avvenimenti di rilevanza nazionale. Nel 2020 e nel 2021 anche il focus delle Fake News si è spostato: sono state tantissime le notizie che si è dovuto smentire in campo scientifico e tecnologico in particolar modo legate al Covid-19.
Sono passati pochi mesi, inoltre, dalla pubblicazione degli ultimi dati riferiti alla fiducia che gli italiani hanno nei Media e News Report 2022 sottolinea una sfumatura importante e che merita una riflessione in più. Vi è un aumento della ricerca di notizie certificate da parte dei lettori (specialmente dopo quegli eventi straordinari che hanno cambiato il mondo e, di conseguenza, l’informazione, come la pandemia da Covid-19 e lo scoppio della guerra in Ucraina), consapevolezza che, se fatta propria da parte di un editore, può davvero fare la differenza nell’imprenditoria editoriale. È un’informazione, infatti, che mette in luce la contraddittorietà di quanto si racconta dei “lettori”: non si tratta di spugne da bagnare, non si tratta di pasta da modellare. I lettori sono individui capaci di fermarsi dinanzi a una determinata notizia per riuscire a farsi un’idea, prendendosi il tempo di fare paragoni e confronti. L’editoria capace di avere l’onestà intellettuale di riconoscere questa capacità ai suoi lettori è l’editoria che ci piace.
Ed è la tipologia di editoria che, da oltre due anni, sappiamo di poter garantire come casa editrice Brainding non tanto attraverso la direzione editoriale di News48, quanto attraverso l’impegno di ogni singolo redattore del giornale, che in prima persona ha scelto di abbracciare questo sguardo culturale rendendolo capacità di fare informazione.
Fondamenta – L’editoria che costruisce è una rubrica ideata da Sabrina Falanga
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