Le fratture sociali che, dopo la pandemia, hanno preso il sopravvento e si sono acuite sempre di più. E il rischio che i ricchi diventino sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri sta diventando una certezza. Le conferme sono quasi quotidiane. Condivisibile l’analisi del ricercatore Enzo Risso sul domani. Fare giornalismo costruttivo significa anche fotografare questa realtà post pandemica e capire come ritrovare la strada per risalire.
L’Italia, secondo la ricerca, è al primo posto nella classifica globale della paura di perdere il posto di lavoro, in compagnia del Sudafrica. Purtroppo, si trova nelle posizioni basse della scala mondiale nell’avvertire la positività della situazione economica del paese. La nota positiva è che si colloca a metà della classifica nel riuscire a cogliere le diseguaglianze sociali. L’indice di coesione sociale di Ipsos presenta un quadro globale difficile e complicato. Il numero di persone che in 27 nazioni sente la debolezza e la poca resistenza del livello di coesione presente nel loro paese è quasi il doppio di quanti esprimono uno stato di positiva solidità. L’indice medio tra i 27 paesi ha un segno negativo (-20), soltanto sei paesi appaiono con segno positivo. L’Italia occupa le parti basse della classifica, con un secco -40. Tra le nazioni peggiori, in Europa, troviamo la Spagna (-41 per cento), il Belgio (-46 per cento), la Francia (-49 per cento) e la Polonia (-51 per cento). In fondo alla classifica si piazzano la Corea del Sud e Giappone (-52 per cento). La Germania (-25 per cento) e la Gran Bretagna (-26 per cento) rivelano una condizione lievemente migliore, ma sempre inferiori alla media globale. Solamente la Svezia, in Europa, si evidenzia un Indice di coesione sociale con segno positivo (+3 per cento).
Persiste la necessità di comunità positiva
Come se non bastasse la pandemia ha messo in luce alcune tendenze interne all’Unione europea come la mancanza di solidarietà delle relazioni tra i paesi, con l’assenza di una visione comune per far fronte alla pandemia e la presenza di un forte egoismo presente nelle relazioni tra gli stati. Nonostante il contesto non proprio felice, il quadro globale mostra la continua presenza, nel cuore delle diverse società, di una spinta alla socievolezza. Insomma, persiste la necessità di comunità positiva e il desiderio delle persone di vivere in un mondo migliore. Un andamento che detiene una sua importanza, nonostante si sia persa la fiducia nelle istituzioni che attraversa in lungo e in largo il globo.
La pandemia da Covid -19 rappresenta un’emergenza di portata globale che sta avendo un impatto profondo sulle vite dei cittadini. La riduzione degli spazi di libertà personale, la sospensione dei diritti, hanno alterato il rapporto tra cittadini e istituzioni, modificando e indebolendo ulteriormente la dimensione della sfera pubblica.
Il processo di fragilizzazione della sfera pubblica è in atto da tempo e si innesta nella crisi di cittadinanza connessa alla crisi di rappresentanza che ha indebolito fortemente il ruolo delle istituzioni e dei partiti politici tradizionali che sembrano avere perso il proprio ruolo di corpi intermedi, capaci dare concretezza alle istanze di rappresentanza dei cittadini. Stiamo assistendo ormai da tempo ad una politica che sfrutta la disintermediazione per una costruzione del potere fondato sull’annullamento del processo di costruzione della conoscenza per lasciare spazio alla polarizzazione e ad una opinione pubblica fondata sulla misinformation. Indubbiamente, la perdurante crisi pandemica rappresenta un fattore di profonda destabilizzazione, perché ha acuito i fenomeni già in atto.
Ridefinire la sfera pubblica
Così l’industria della disinformazione, la fabbrica delle fake news alimentano paura, la sfiducia, soffiano sul fuoco della rabbia sociale che sta crescendo ovunque in una situazione di crisi economica, che la pandemia ha enormemente aggravato rendendo ancora più evidenti gli squilibri sociali. Quando viene mancare l’equilibrio nella società si presentano i risultati negativi della mancata coesione sociale.
In questo ultimo anno i cittadini si sono sentiti sempre più soli e confusi. La crisi nasce da una comunicazione politica spesso trasformata in propaganda, indottrinamento e propagazione delle protesta, che ha fallito il suo ruolo centrale non soltanto in Italia ma in Europa e nel mondo. La spinta forte deve essere quella di restituire alla comunicazione istituzionale e politica un ruolo centrale e spingere la politica al ritorno a scuole per partiti e movimenti per formare i quadri dirigenti alla comunicazione. Bisogna cercare di ridefinire la sfera pubblica per ridare fiducia ai cittadini e offrire soluzioni che possano ristabilire quella serenità necessaria al recupero delle relazioni fra cittadini, attori politici e vita istituzionale.
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