Uno degli aspetti più gravi che si riscontrano oggi appare proprio l’incapacità di scindere il messaggio propagandistico dalla comunicazione. Il conflitto russo-ucraino ci porta ancora una volta a riflettere su questo aspetto. In questa guerra si è capito subito che c’erano diverse strategie di comunicazione. Due poli opposti: da una parte Vladimir Putin, Presidente della Russia, che fin dall’inizio ha cercato di dire la sua attraverso forme di censura e ha diffuso nel mercato dell’ informazione mondiale delle fake news, diventate armi di disinformazione; dall’altra Volodymyr Zelens’kyj, Presidente dell’Ucraina, il primo Presidente della storia a comunicare dal fronte di guerra tramite le dirette social. E proprio attraverso i social network ha lanciato una sfida. Ha chiesto a tutti i suoi cittadini di documentare quello che sta avvenendo per dar vita al giornalismo partecipativo, attraverso i loro smartphone e postando le immagini in rete. Vediamo scorre sulle nostre home page fotografie che ci lasciano sconcertati, perché le abbiamo viste solo nei libri di storia o nei documentari.
Le dinamiche propagandistiche
Nell’era della società mediatizzata si assiste all’affermarsi di una comunicazione politica che tende a pervadere anche ambiti che non le sono propri. In tal senso si osserva il prevalere di dinamiche propagandistiche tese alla conservazione del potere, che fanno sì che il cittadino riceva spesso un’informazione politica nella sfera pubblica mediatizzata incompleta, parziale e modificata.
La manipolazione, sostiene il sociologo McNair, come strategia degli attori politici ha un effetto diretto sul modo in cui si forma l’opinione pubblica e quindi il consenso. La comunicazione politica che diventa politica mediatizzata rappresenta un processo che ha attraversato tutto il Novecento e negli ultimi anni il fenomeno ha avuto risvolti anche preoccupanti.
In tal senso il privato viene utilizzato dal politico in chiave propagandistica per costruire un’aurea di autenticità e immediatezza con il proprio pubblico, fidelizzandolo, all’interno di un discorso che sfrutta la disintermediazione per creare uno “pseudo filo diretto” con l’utente, ma che in realtà utilizza la trasversalità, la crossmedialità e il meccanismo delle casse di risonanza per conquistare spazio e persistenza in tutti i flussi mediatici. Una spettacolarizzazione della politica che vede il prevalere dell’immagine sulla parola, dove viene a mancare anche la dignità dell’uomo.
Proprio da questo si genera la forza del linguaggio populista che sfrutta la confusione e lo sfaldamento progressivo dei legami sociali per catturare il consenso delle persone, aggregandole interno a nuovi gruppi dove ricostruire un proprio senso di comunità attraverso la partecipazione sui social.
Così nella società digitale la costruzione di potere non è più frutto della conoscenza che crea credibilità, bensì avviene l’esatto contrario. La progressiva perdita di autorevolezza delle istituzioni mostra come vi sia una stretta connessione tra la sfiducia nei confronti dei media e la percezione che hanno i cittadini dei politici.
Il linguaggio politico
Purtroppo nel linguaggio politico, appannaggio dei populismi, la verità assume un’importanza secondaria e i media diventano strumenti per governare il potere.
La società in rete e l’economia globalizzata hanno, proprio attraverso il potere esercitato sui flussi comunicativi, modificato in modo profondo il sistema di regole della società. L’indebolimento progressivo delle istituzioni, la mancanza di rappresentanza politica e sociale hanno destabilizzato nel profondo gli individui che, nel tentativo di ricostruire un alveo di sicurezza, almeno apparente, si aggregano in comunità chiuse nelle quali si riconoscono gli uni gli altri in funzione di bisogni primari o di nemici comuni verso i quali riversare odio e frustrazioni.
Nell’era della disintermediazione l’opinione è catalizzata attraverso le comunità social senza nessun percorso di costruzione di partecipazione culturale, si assiste al passaggio dalla politica mediatizzata alla social politica che si muove sempre più sul piano dello scontro per conquistare consenso e quindi potere.
Un capitalismo dei “like” su Facebook e dei “cuoricini” su Instagram che alimenta il potere dolce dell’algoritmo che ci controlla e ci accarezza benevolo e ci suggerisce quello che ritiene conveniente.
La pandemia ha mostrato i gravi effetti della disinformazione, alimentando una babele comunicativa e tantissime preoccupazioni nelle persone.
In Italia i dati raccolti dal Censis nel 2021 hanno evidenziato come il 49,7% degli italiani la comunicazione dei media sull’epidemia sanitaria sia stata confusa, per il 39,5% ansiogena, per il 34,7% eccessiva. Solo il 13,9% pensa che sia stata equilibrata.
Infatti, è aumentata l’information gap. Purtroppo, la confusione da bulimia comunicativa ha colpito tutti e il web rimane l’ambiente privilegiato in cui si sono prodotte e si sono sviluppate disinformazione e bufale: 29 milioni di italiani hanno dichiarato che durante la situazione di emergenza sanitaria si sono imbattuti sul web in notizie poi rivelatesi false o sbagliate.
La paura dell’isolamento nel mondo liquido si fa sempre più imminente, i gruppi, le comunità si trasformano in isole, nelle quali non sentirsi soli, una comfort zone nella quale gli individui si scelgono in funzione di una visione della realtà o di convinzioni simili. Il risultato è che la società diventa sempre più fragile ed esposta a timori.
Cosi come ha sostenuto Mario Morcellini “Quando in un paese mancano i sistemi immunitari dal punto di vista sociale e culturale si capisce troppo tardi che siamo indifesi da possibili aggressioni dall’esterno”. Insomma, i modi di comunicare sono cambiati e continueranno a cambiare, ma l’aspetto più grave rimane l’egoismo della società che compromette e snatura i comportamenti sociali e politici. Noi dobbiamo combattere la disinformazione anche se si tratta di una battaglia molto difficile e puntare ad una comunicazione valoriale, operando in una prospettiva di crescita e miglioramento delle condizioni del cittadino. Bisogna abbandonare la dimensione privata, fatta solo di personalismi, e dar vita a comunità solidali nei confronti degli altri.
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