Ci sono settori professionali che sperimentano una grave carenza di candidati e un’elevata disparità di genere che favorisce il diffondersi di una cultura “maschile”, a partire dalle domande di selezione del personale.
Identificare le cause della disparità di genere in ambiti considerati tipicamente maschili e le possibili soluzioni per superare il problema sono gli obiettivi dello studio di Gi Group Holding e Fondazione Gi Group, impegnate nella promozione di un mercato del lavoro sostenibile e inclusivo.
I settori indagati sono tre: ICT, Logistica/Trasporti e Meccanica/Automotive.
Le domande rivolte alle donne durante un colloquio di selezione
“Nello studio “Women4: superare le disparità di genere per un futuro del Lavoro Sostenibile” è emerso che oltre la metà delle lavoratrici intervistate ha percepito forme di discriminazione nel corso dell’esperienza lavorativa o in fase di selezione.
Infatti, oltre il 60% delle aziende intervistate, appartenenti ai settori ICT, Logistica/Trasporti e Meccanica/Automotive, ammette di rivolgere in fase di colloquio domande diverse a candidati e candidate”, ha commentato Rossella Riccò, Responsabile Centro Studi ODM Consulting.
E continua: “Fra le barriere all’occupazione femminile la maternità (effettiva o desiderata) emerge come una delle criticità principali: 1 donna su 5 dichiara che le è stato richiesto, in modo più o meno esplicito, se intendesse avere figli, nonostante il nostro ordinamento vieti espressamente di indagare questo aspetto durante i colloqui di selezione”.
A dirlo, infatti, è l‘articolo 27 del Codice delle Pari Opportunità tra uomo e donna – Dlgs 198/2006: “Durante un colloquio di lavoro non si possono mai chiedere informazioni sul proprio stato matrimoniale, sulla presenza o meno di figli in famiglia, sulla volontà di averne”.
Oltre alle domande illegali in fase di selezione sulla maternità, ci sono anche queste, indicate dalle aziende come esclusivamente riservate alle donne:
- Possibilità di viaggiare;
- Attitudine alla leadership;
- Flessibilità sugli orari di lavoro;
- Disponibilità a fare lavori faticosi;
- Competenze tecniche.
Si può garantire una valutazione equa dei candidati?
Ho chiesto a Rossella Riccò come i datori di lavoro potrebbero eliminare i pregiudizi di genere durante i colloqui di lavoro e garantire una valutazione equa dei candidati. Questa la sua risposta:
“Uno dei primi processi su cui le aziende sono chiamate a intervenire per eliminare le discriminazioni e ridurre la disparità di genere è proprio quello del recruitment e della selezione.
Nel nostro studio proponiamo delle misure che le aziende possono adottare per rendere la realtà lavorativa più inclusiva ed equa.
Con riferimento ai colloqui di selezione, le organizzazioni possono formare i selezionatori sull’impatto dei bias di genere su tali processi e sulle tecniche per ridurne l’effetto, possono promuovere l’adozione di processi di recruitment basati su criteri misurabili, trasparenti ed equi focalizzandosi sulle competenze realmente collegate alla posizione cercata, così come l’uso di un elenco di domande standardizzate uguali per tutti i candidati e le candidate da intervistare per la posizione aperta; infine, possono curare il linguaggio degli annunci in ottica gender free e assicurare che ogni candidato/a abbia la stessa opportunità di esporre le proprie qualifiche indipendentemente dal genere”.

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Le possibili soluzioni da implementare
Lo studio di Gi Group Holding e Fondazione Gi Group propone delle misure che persone, organizzazioni e istituzioni possono mettere in atto per superare le disparità di genere e rendere più la realtà lavorativa più inclusiva ed equa.
Ad esempio, con riferimento ai processi di selezione, le aziende possono:
• Formare recruiter e selezionatori sull’impatto dei bias di genere su tali processi e sulle tecniche adottabili per ridurne l’effetto;
• Adottare processi di recruitment e selezione basati su criteri misurabili, trasparenti ed equi;
• Creare job description e relativi annunci ponendo attenzione alla loro formulazione, ad esempio non includere pronomi, ma utilizzare espressioni come “il/la candidato/a ideale” e specificare sempre che ci si rivolge ad entrambi i sessi;
• Pubblicare gli annunci sulle piattaforme online o i canali digitali e condividere gli annunci con associazioni o gruppi locali di donne;
• Definire quote di genere sia per le short-list delle candidature, sia per la selezione di nuove figure, soprattutto in ruoli/mansioni ad alto tasso di gender gap;
• Analizzare e rimuovere l’influenza dei bias di genere (e intersezionali) nella programmazione dei sistemi di intelligenza artificiale (IA) o nelle Learning Machine applicate allo screening dei CV o alle selezioni online;
• Svolgere la fase di selezione dei CV per la creazione delle short-list dei candidati con modalità blind, in cui tutti gli indicatori personali (nome, genere, età, esperienza di lavoro, educazione) vengono rimossi in modo da scegliere i candidati solo in base alle skill;
• Usare un elenco di domande standardizzate uguali per tutti i candidati e le candidate per la posizione aperta e proposte nello stesso ordine, così da assicurare che ogni candidato/a abbia la stessa opportunità di esporre le proprie qualifiche indipendentemente dal genere;
• Stipulare accordi con le APL e i Centri per l’Impiego (CPI) impegnati in progetti di riqualificazione o di re-inserimento al lavoro di donne disoccupate o inoccupate;
• Stipulare accordi di partenariato per l’attivazione di tirocini o stage formativi con scuole, Università, enti di formazione del territorio e partecipazione ai career day.
Quali sono i vantaggi di avere un equilibrio di genere nel processo di selezione del personale e come può essere promosso attraverso i colloqui di lavoro?
“La maggioranza delle aziende di ogni comparto indagato ha dichiarato che occuparsi di parità di genere è importante perché ha un impatto positivo sul settore o sull’economia in generale.
Nell’ICT, il 48% delle aziende ritiene che intervenire sul tema possa portare opportunità economiche per le donne, mentre nel mondo della Logistica e dei Trasporti il 33% sostiene che è importante per aumentare il tasso di occupazione in Italia.
In ambito Meccanica ed Automotive, oltre all’impatto sul settore, gli intervistati ritengono sia la strada da percorrere per arricchire il patrimonio di competenze, capacità tecniche e conoscenze di ogni individuo.
Inoltre, non bisogna tralasciare il contesto italiano in cui ci muoviamo.
La disparità di genere osservata all’interno di alcuni settori si affianca a un dato di occupazione femminile che nel nostro Paese fatica a “sfondare” il 50%, nonostante sul mercato ci sia uno skill mismatch all’incirca del 40%.
Ovvero, 4 posizioni su 10 restano scoperte.
I processi di recruitment e selezione sono di conseguenza fasi molto critiche, che vanno gestite assicurando inclusività e meritocrazia.
Sono cruciali per la capacità di attrarre talenti in un contesto di elevata carenza di personale e di comunicare verso l’esterno i valori e la cultura aziendali”.
Come può essere migliorata la rappresentanza delle donne nelle professioni tradizionalmente maschili e quali sono i modi per incoraggiare le donne a candidarsi per questi ruoli?
“L’elevata disparità di genere in alcuni settori spesso è alimentata da una percezione esterna e da preoccupazioni in contrasto con il vissuto e il dichiarato delle lavoratrici occupate in questi stessi settori.
I dati emersi dallo studio di Gi Group Holding e Fondazione Gi Group mostrano come le donne che vi lavorano hanno una percezione del settore più positiva rispetto a chi non vi lavora o non lavora affatto, evidenziando un bias percettivo e la necessità di rivedere le strategie di attrazione da parte delle aziende.
Le principali criticità riscontrate nei tre settori indagati dalle intervistate sono, in primis, stipendi bassi e poche opportunità di sviluppo professionale, seguite dalle difficoltà connesse al tipo di attività da svolgere e dagli orari di lavoro.
Le aziende, da una parte, devono quindi impegnarsi a rendere più inclusiva la cultura organizzativa con percorsi di valutazione e formazione interni a tutti i livelli rivedendo la propria organizzazione del lavoro, al fine di favorire una maggior capacità di conciliazione fra tempi di vita professionale ed extra professionale.
Dall’altra, devono ridisegnare le politiche di attrazione integrandole anche alle strategie di recruitment, sempre più contaminate anche da approcci di marketing.
Partendo dai risultati di questa ricerca e guidati dalla convinzione che non esistono lavori da uomo o da donna nasce Women4, il nostro progetto per favorire l’occupazione femminile in settori considerati maschili, con l’obiettivo di creare opportunità professionali per tutte le donne, sfatando luoghi comuni e stereotipi di genere nel mondo del lavoro”.
Quali misure possono essere adottate per garantire pari opportunità di carriera per le donne dopo l’assunzione e oltre i colloqui di lavoro iniziali?
“Le politiche di welfare connesse a genitorialità e carichi di cura e policy aziendali ad hoc per i congedi parentali possono contribuire a ridurre la disparità di genere.
Inoltre, a livello aziendale, è importante intervenire sull’organizzazione e le modalità di lavoro trovando soluzioni di flessibilità oraria che rispondano alle esigenze personali, strutturare sistemi di compensazione che siano equi, chiari e condivisi, adottare un approccio di ascolto attivo delle persone e contrastare gli stereotipi concretamente.
A livello di sistema Paese, e quindi in capo alle Istituzioni, è opportuno promuovere politiche a supporto della genitorialità, servizi di cura e leggi che sostengano l’inserimento lavorativo delle donne anche prevedendo quote sulle seconde linee”.
Quali sono le competenze specifiche che le donne possono portare al mondo del lavoro e che potrebbero essere valutate in modo più attento durante i colloqui di lavoro?
“Oggi molte imprese denunciano una grande lacuna di soft skill che in parte sono preponderanti nel patrimonio culturale dell’universo femminile.
Secondo un approfondimento di Gi Group e Egg Up sono cinque le competenze più premianti per le donne nel mondo del lavoro:
- orientamento al risultato, dimostrano maggiore determinazione e tenacia nel portare a termine i propri compiti;
- capacità di adattamento;
- buona abilità di comprendere il contesto, le persone e il loro differente orientamento di pensiero e d’azione;
- gestione dei conflitti;
- organizzazione e lavoro di squadra. Sono, infatti, considerate più abili nella gestione delle relazioni interpersonali.
Alcuni studi, come quelli di McKinsey, evidenziano anche come a una maggior presenza di donne in posizioni apicali corrisponda un aumento di valore per l’azienda, in termini etici ed economici”.
Esempi di aziende o organizzazioni che hanno avuto successo nell’incoraggiare l’occupazione femminile attraverso strategie di colloqui di lavoro innovative?
“Mi preme, qui, citare l’iniziativa lanciata da Gi Group e Vici & C, realtà leader nella progettazione, produzione e distribuzione di quadri elettrici, bordi macchina e sistemi per l’automazione industriale, con il patrocinio di Regione Emilia-Romagna.
Si tratta di un progetto che, nel perimetro dell’impegno per il Lavoro Sostenibile, promuove il rientro al lavoro e l’occupabilità di madri attraverso l’erogazione di un’offerta formativa gratuita e garantisce a tutti i partecipanti un lavoro con contratto a tempo indeterminato.
È la prima Academy 100% Employability per Addette al collaudo e cablaggio elettrico rivolta a sole mamme e neomamme che desiderano reinserirsi nel mondo del lavoro.
Contestualmente al nostro progetto Women4, l’Academy in partnership con Vici & C ha accompagnato le candidate in una fase personale delicata della loro vita, come quella del rientro al lavoro dopo la maternità, concretizzando così il nostro impegno volto a rendere il lavoro più inclusivo e sostenibile”.
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